Alfredo Rampi, detto Alfredino, era un bambino di 6 anni, caduto e purtroppo deceduto in un pozzo artesiano in una frazione di Frascati, lungo via di Vermicino, che la collega con Roma il 13 giugno 1981.
La vicenda aveva mobilitato tutta l’opinione pubblica ma, dopo 3 giorni di tentativi per salvarlo, compreso quello di Angelo Licheri, scomparso oggi a 77 anni, che aveva rischiato la vita a 64 metri di profondità, il piccolo è morto.
La tragedia aveva provocato anche l’apertura d’inchieste che avevano coinvolto anche i costruttori, i quali negavano che il piccolo potesse essere caduto accidentalmente, ma i soccorritori si erano calati nell’apertura senza problemi.
Di conseguenza, il pozzo non era coperto a dovere, ma non si è mai riusciti a risalire ad eventuali responsabili che lo avevano lasciato aperto.
Congetture e sospetti di cattiva gestione nei soccorsi si sono sprecati e le parole del bambino avevano alimentato la confusione: “Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia“. La confusione del piccolo è comprensibile, ma di certo non sapeva spiegare dove si trovasse e come ci fosse capitato.
Il sacrificio del piccolo Alfredino non è comunque stato vano: di fronte al fallimento dell’operazione, si è finalmente capito che serviva una struttura specializzata per interventi d’emergenza anche in condizioni estreme: il Dipartimento della protezione civile, all’epoca, ancora in fase di progetto.
I genitori, Ferdinando e Franca Rampi, già poche settimane dopo la tragedia, hanno creato il centro Alfredo Rampi che oggi è un punto di riferimento nazionale per la formazione dei soccorritori, affinché nessuna famiglia viva più una tragedia simile.
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