La Russia alla fine è stata costretta a dichiarare default come conseguenza delle sanzioni occidentali.
Com’era largamente prevedibile, alla fine la Russia si appresta a dichiarare il default, a causa del fatto che non è nelle condizioni di rimborsare le obbligazioni estere, per via dell’embargo occidentale.
Parliamo comunque di un fallimento puramente simbolico: non solo le risorse che mancano alla nazione di Vladimir Putin che non è insolvente. Questo default è stato creato dalle sanzioni occidentali allo scopo di convincere Mosca a ritirarsi dal conflitto in Ucraina iniziato a fine febbraio di quest’anno.
Per il Cremlino, lo stato di insolvenza è scattato ufficialmente la domenica del 26 Giugno 2022. L’ultima scadenza possibile per evitarlo prevedeva il pagamento di un bond da cento milioni, ma a causa delle sanzioni che hanno provocato il blocco del dollaro e l’impossibilità per il Cremlino di ricorrervi, la Russia non aveva i dollari a disposizione per completare il pagamento.
Già nel mese di Aprile si era rischiato di arrivare a questa situazione, ma in quel caso però Putin era riuscito a giocarsi una carta che si è in seguito rivelata vincente, quantomeno per prendere tempo: aveva infatti deciso di modificare in modo unilaterale la lista delle valute ammesse per i pagamenti internazionali nello Swift, e rimborsato parte del debito in rubli.
Stavolta invece questo non è stato possibile, e dichiarare questo default simbolico è stata una naturale conseguenza. Di certo, nessun investitore internazionale è realmente preoccupato di una possibilità di insolvenza da parte della Russia, basti solo pensare che negli ultimi tre mesi, la nazione di Vladimir Putin ha incassato dalla vendita di forniture di gas decine e decine di miliardo di euro, che al momento restano congelati, in quanto non possono essere spesi per i pagamenti internazionali.
Ma adesso che la Russia ha dichiarato default, cosa accadrà? Come reagirà il mercato internazionale? Nessuno in realtà conosce al momento la risposta a questa domanda, e d’altronde ci troviamo di fronte a una delle prime conseguenze economiche di una guerra, dentro il cuore dell’Europa, che potrebbe durare anni, cambiando per sempre il G/ per come lo conosciamo.
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