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Rivalutazione pensioni 2023: grandi aumenti in vista, ma attenzione…

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Antonio Pilato

La rivalutazione pensioni 2023 sarà piuttosto elevata e costerà parecchio allo Stato, che nel frattempo sta adocchiando una possibile riforma

Si tratta di una delle certezze in vista del prossimo anno. Prima però è bene capire in che modo avviene il sistema di indicizzazione degli assegni. Ecco tutto quel che bisogna sapere su questa tematica di estrema attualità.

Fonte Adobe Stock

Gli aumenti di stipendi al momento non sono contemplati, mentre nel 2023 sono previsti quelli relativi alle pensioni, che saranno oggetto di una maxi rivalutazione. Prima di approfondire la tematica è bene comprendere come funziona il sistema di indicizzazione relativo alla rivalutazione delle pensioni.

Nello specifico vengono rivalutate al 100% dell’inflazione per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.062 euro al mese), al 90% dell’inflazione per gli assegni compresi tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (2.062-2.578 euro al mese), rivalutazione al 75% dell’inflazione per gli assegni sopra 5 volte il minimo (sopra 2.578 euro al mese).

Rivalutazione pensioni 2023: ecco cosa succederà e quali potrebbero essere le contromisure della politica

Stando però ai dati di quest’anno con l’inflazione giunta addirittura al 6,8%, il costo che lo Stato dovrà sostenere per pagare le pensioni il prossimo anno salirebbe di almeno una decina di miliardi di euro.

La previdenza però è diventato uno dei tasselli più importanti del Governo Draghi che sta già studiando una soluzione per rientrare nei parametri previsti dall’Unione Europea. Quest’ultima infatti sta già storcendo il naso per via delle spese sostenute per le pensioni in Italia, ritenute piuttosto eccessive.

Per questo l’ipotesi di rivedere i criteri di rivalutazione delle pensioni non è così utopistico. Ciò però comporterebbe un evidente svantaggio ai titolari. Attenzione però, non si tratterebbe di nulla di drastico. Solo di indicizzare gli assegni leggermente al di sotto di importi relativamente elevati. 

Considerando che quelli di importo più alto sono calcolati con il metodo retributivo, di gran lunga più favorevole del metodo contributivo, non ci sarebbe da disperarsi troppo. In linea di massima per la maggior parte dei pensionati non cambierebbe nulla.

In pratica chi percepisce una pensione da 500 a 2000 euro al mese di certo non verrà penalizzato, mentre per chi supera questa soglia, il “pericolo” è reale. Al tempo stesso non è detto nemmeno che la riforma ci sarà. Insomma, non resta che attendere.

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Antonio Pilato

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