La crisi economica, quella più forte, quella più inattesa, quella post Pandemia, sta lasciando senza fiato e anche senza speranze le famiglie le imprese italiane.
Il conflitto russo-ucraino ha aperto la strada ad una serie di rincari energetici che hanno messo in ginocchio il mondo, compresa l’Italia e la Vecchia Europa.
E mentre gli esperti cercano soluzioni valide per “tappare le falle”, rimane il fatto che di fronte ad una inflazione, ergo l’aumento esponenziale del costo della vita, gli stipendi rimangono ancorati al palo, aprendo di fatto la strada ad una crisi sociale senza paragoni.
In tutto questo le banche aumentano le proprie “esigenze”, stringono le maglie, e quindi laddove manca liquidità per nuovi progetti e servirebbero finanziamenti (un’attività, una prima casa), gli istituti di credito, essendoci di fatto meno garanzie, non trovano altra soluzione che offrire dinieghi.
Ma come camminano insieme due binari paralleli che però all’apparenza non si incontrano mai come inflazione e stipendi della collettività?
L’inflazione rappresenta le variazioni del costo di un “paniere” di beni di mercato (come generi alimentari e carburante). I salari, d’altra parte, sono guidati da cambiamenti nella domanda/offerta di lavoro che possono essere causati da tendenze demografiche, tassi di partecipazione al lavoro, progressi tecnologici e crescita della produttività.
Ad esempio, nel 1979, l’anno della più alta inflazione mai registrata in tempo di pace, l’inflazione statunitense era del 13,3% ma gli aumenti salariali erano dell’8,7%. Al contrario, l’inflazione negli Stati Uniti era dell’1,9% nel 2001, ma i budget per l’aumento dei salari erano molto più alti – vicino al 4% – nel 2001 e nel 2002.
Questa realtà tende a avvantaggiare i dipendenti in termini di spesa reale durante gli anni a bassa inflazione (come il 2001 o il 2020) e ad agire contro di essi durante gli anni ad alta inflazione (1979 o 2022).
Come può il Governo italiano fare da “salvagente” ai propri cittadini, in un momento del genere?
La soluzione può essere solo nell’ampio sostegno alle classi più deboli, partendo dai minori (Assegno Universale) e dai pensionati (a quando l’attesa Riforma?). Si riparla di taglio di Cuneo Fiscale per aumentare gli stipendi.
Il taglio del cuneo fiscale, come richiesto da Confindustria e sostenuto dal Pd di Enrico Letta, può sostenere i redditi dei lavoratori falcidiati dall’inflazione, senza nuocere alla competitività delle imprese e senza rilanciare quindi la complessa spirale prezzi-salari.
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