Andiamo a scoprire perché il costo del pellet sta aumentando in maniera vertiginosa con prezzi praticamente raddoppiati in ogni dove
Seppur l’inverno sia ancora lontano la situazione va monitorata costantemente per evitare di farsi trovare impreparati. Cosa bisogna sapere in merito a questa incresciosa situazione.
Il caldo continua ad avanzare e le prossime settimane non promettono nulla di buono in tal senso. Sono infatti previste nuove ondate con temperature a dir poco asfissianti. Nonostante ciò tiene banco la questione del pellet, che si preannuncia piuttosto spinosa.
Visti i continui rincari dei consumi energetici, molti italiani in vista della prossima stagione fredda si stanno già cautelando per tenere caldo l’ambiente e al contempo risparmiare sui costi da sostenere. La stufa a pellet sembrava un buon viatico sotto questo punto di vista. Qualcosa sembra essere cambiato negli ultimi tempi.
I prezzi infatti sono saliti alle stelle e le scorte stanno già finendo visto che molti cittadini si stanno cautelando già da ora. Infatti chi ha solo quello come sistema di riscaldamento rischia di rimanere scoperto, ragion per cui è meglio trovare una soluzione prima che sia troppo tardi.
Come da prassi, la crescita della domanda è uno dei fattori che sta contribuendo al rincaro del suddetto materiale. Inoltre bisogna aggiungere considerare l’approvvigionamento del legno con cui viene realizzato il pellet. Anche sotto questo punto di vista sono state riscontrate molteplici criticità in questa fase, visto che le materie prime non sono italiane, bensì estere.
Una spallata importante è arrivata anche per via della guerra in atto tra Russia e Ucraina. La prima infatti è da sempre leader mondiale per quanto concerne le energie utili al riscaldamento.
In virtù di ciò considerando che l’Italia non produce questo combustibile ricavabile dal legno, il prezzo di una quantità minima di 15 chilogrammi al sacco, aveva un prezzo che oscillava tra i 3 e i 5 euro.
Attualmente cercarlo online è una chimera, soprattutto a costi contenuti. Chi ancora ha qualche scorta la vende tra gli 8 e i 16 euro al sacco. Una soluzione potrebbe essere l’autoproduzione, ma vanno considerati diversi aspetti legati all’ambiente e alle spese che comporterebbe questo processo.
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