La caduta del Governo Italiano guidato da Mario Draghi, il 20 luglio scorso, ha provocato uno shock nel Paese per tre ragioni principali.
La prima è che Draghi, che è stato presidente della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2018, gode in Italia di una reputazione senza pari come funzionario pubblico competente e autorevole, e l’opinione pubblica italiana gli assegna un lontano punteggio più alto di qualsiasi leader di partito.
La seconda è che la figura di Draghi, nell’ambito della leadership euro-atlantica, aveva reso l’Italia un attore di rilievo nella crisi Russia-Ucraina. Cosa che di fatto ora non avviene più.
Il terzo motivo è che proprio quel connubio tra affidabilità euro-atlantica e autorevolezza personale ha fatto di Draghi il garante dei tanti benefici che l’Italia trae dalla sua cooperazione con l’Unione Europea.
Il programma del governo Draghi ha coinciso con le riforme del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, che consentirà all’Italia di ricevere un totale di circa 200 miliardi di euro (11% del PIL) dall’Unione Europea entro il 2026.
Grazie a queste enormi risorse il Paese ha la possibilità di superare la stagnazione trentennale della sua economica, le conseguenze della crisi sanitaria del 2020 e i traumi geopolitici ed economici prodotti dall’invasione russa dell’Ucraina.
Per tutte queste ragioni c’è stata una reazione di smarrimento e persino indignazione nel Paese quando gli espedienti politici dei partiti hanno rovesciato dopo 17 mesi l’ampio governo di unità di Draghi.
Le conseguenze politiche sono difficili da capire. Prima delle dimissioni di Draghi, i sondaggi hanno mostrato che il voto anticipato favorisce l’unico partito di opposizione, Fratelli d’Italia, quella formazione politica emergente di estrema destra guidata da Giorgia Meloni.
Accreditato nei sondaggi con il voto potenziale di quasi un italiano su quattro, Fratelli d’Italia potrebbe guidare una coalizione di destra. Tutto ciò per ottenere la maggioranza dei seggi nel parlamento italiano.
La caduta di Draghi può sembrare stravagante agli osservatori stranieri.
Ma l’intensificarsi delle turbolenze politiche era inevitabile con l’avvicinarsi della fine della legislatura.
Nel prossimo decreto Aiuti, il bonus 200 euro rischia di fatto di saltare.
Tutti i timori degli italiani potrebbero trasformarsi in incubo reale.
È quanto emerso dall’incontro tra il presidente del Consiglio dimissionario, Mario Draghi, e i sindacati. Sul tavolo delle parti sociali appare in questo momento lo spettro della non la riproposizione del bonus 200 euro. Gli italiani che contavano su queste risorse ora tremano davvero.
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