I risultati di uno studio condotto di recente sulla tassazione in Italia, mostrano una pressione fiscale senza precedenti nel paese.
Ormai da decenni, l’abnorme pressione fiscale che devono sopportare i contribuenti italiani è una delle ingiustizie di cui si parla più spesso nei dibattiti pubblici.
E adesso, è uscita una nuova ricerca, pubblicata dal Cento Studi di Unimpresa, che rileva in modo inequivocabile quanto i cittadini italiani siano vessati dal punto di vista fiscale. Se nel 2005 la pressione fiscale nel nostro paese era arrivata al 39 per cento, quasi vent’anni dopo, nel 2021, questa è arrivata all’incredibile percentuale del 42,9 per cento.
Una situazione che mette il nostro paese sul podio delle nazioni che più tassano i cittadini. Bisogna anche a riguardo precisare che ad esempio, la Danimarca ci supera in quanto a pressione fiscale sui cittadini, ma risulta imparagonabile al nostro paese in quanto lì tanti servizi pubblici per i cittadini sono gratuiti proprio in virtù delle tasse molto alte che pagano. In Italia invece, come ben sappiamo, a una maggiore pressione fiscale non corrisponde affatto una maggiore estensione dei servizi pubblici gratuiti.
Ma non solo perché approfondendo meglio il report, si può scoprire come in Italia le tasse restano più alte persino di quei paesi come la Svezia, che tassano tantissimo allo scopo però di poter fornire ai cittadini un welfare di altissimo livello.
Ci troviamo insomma in una situazione molto complicata per quanto concerne la pressione fiscale, come si può anche intuire dalle recenti dichiarazioni di Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa: “Questa è la situazione drammatica con la quale facciamo i conti mentre ci avviciniamo alle elezioni e un piano di riduzione fiscale concreto non è ancora stato presentato da alcuna forza politica o coalizione. Si fanno promesse, ma sono solo chiacchiere. Il problema è che in Italia lo Stato prende molto in termini di tasse, ma restituisce pochissimo in termini di servizi e welfare. Questo vale tanto per i lavoratori, tanto per le aziende”.
Spadafora ha poi anche spiegato come di fronte a una situazione così difficile, il governo non ha ancora fatto abbastanza, e non si può certo pensare che a fronte di una tassazione così alta, bastino gli otto miliardi previsti per diminuire il carico fiscale.
Questo è invece il momento di intervenire: “In ogni caso, le nuove aliquote Irpef, ipotizzate nella riforma avviata governo, danno maggiori benefici ai redditi più alti di 35.000 euro e quindi credo che ci sia bisogno di una riflessione, per andare incontro a chi guadagna meno: insomma vanno ridefinite le priorità e va cercata l’equità. In questa contrapposizione qualcuno può pensare che ci siano delle sproporzioni tra la materia del contendere e la forma di mobilitazione, ma in ogni caso il governo non deve ignorare le ragioni di sofferenza. È un fatto che questi due anni di pandemia abbiano aggravato e fatto crescere gli squilibri sociali e ampliato le disuguaglianze economiche. Le nuove aliquote fiscali assicurano piccoli vantaggi, ma non riducono le difficoltà di chi ha sofferto di più durante la crisi”
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