È uscito un nuovo studio sul coronavirus che si è occupata di analizzare le conseguenze negative nel lungo termine che può sviluppare chi si contagia.
È uscito un nuovo studio scientifico che si è occupato di analizzare nel lungo termine alcune conseguenze causate dal Covid da parte di chi lo ha contratto.
Già lo scorso anno sentiamo parlare del fenomeno del Long Covid, ovvero di tutti quei disturbi che sembrano causati dal virus, nonostante insorgano anche a distanza di mesi dall’infezione.
Covid, cosa dice la ricerca pubblicata dall’Università di Oxford
Trattandosi però di un patogeno che prima del 2020 era sconosciuto, risulta evidente come ci troviamo in un campo ancora molto oscuro, in cui la scienza ha ancora bisogno di indagare e scoprire.
La ricerca in questione è stata pubblicata dall’università di Oxford in collaborazione con il National Institute for Health and Care Research Oxford Health Biomedical Research Centre. Lo studio ha potuto in primo luogo attingere a un campione molto ampio di popolazione, analizzando, seguendo e monitorando quasi un milione e mezzo di soggetti che hanno contratto questo coronavirus.
Nuove evidenze confermano: esistono rischi maggiori nel lungo termine per chi contrae il virus
Non è il primo studio che si occupa di analizzare le condizioni psicologiche e psichiatriche di chi è stato contagiato dal Sars-Cov2 e anche stavolta, gli scienziati hanno trovato delle nuove evidenze che confermano come certi problemi causati dal virus, possano insorgere anche a distanza di sei mesi. Questa però rispetto alle altre è una ricerca molto più affidabile proprio in virtù dell’altissimo numero di partecipanti che ha coinvolto.
I ricercatori sono giunti alla conclusione che il rischio di depressione sia molto più alto negli adulti che hanno contratto il Covid rispetto a chi invece non è mai stato contagiato dal virus. Ma lo stesso vale anche per il rischio di infezione respiratoria, come se il Covid contribuisse a indebolire in modo permanente il nostro corpo in tal senso.
Covid, lo studio ha trovato una somiglianza da anziani e bambini. Si tratta del Long Covid di cui si parla dallo scorso anno?
Fenomeni più importanti dal punto di vista neurologico, si verificano secondo lo studio nelle persone che hanno un’età superiore a 64 anni e che dopo aver contratto il virus, risultano più sensibili a sviluppare disturbi come la demenza o la nebbia cerebrale. Interessante inoltre, che i risultati condotti nei gruppi più giovani, composti da bambini, circa la gravità delle conseguenze risultino molto simili a quelli condotti sugli anziani.
D’altronde gli scienziati fin dall’inizio, quando nel dibattito scientifico si è iniziato a discutere del long covid, hanno rimarcato come anche i bambini fossero particolarmente esposti a questo pericolo.