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Stipendi e pensioni, gli aumenti decisi dal governo sono a rischio: il motivo

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Valentina Trogu

I tanto decantati aumenti di stipendi e pensioni potrebbero non arrivare perché i soldi non ci sono. Il Governo dovrà usare i fondi per il caro energia. 

Cosa dobbiamo aspettarci dal 2023? Gli adeguamenti di stipendi e pensioni al costo della vita ci saranno? I timori prendono il sopravvento sulle speranze di un miglioramento.

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Le previsioni per i prossimi mesi sono drammatiche per i cittadini e per le imprese. I costi dell’energia elettrica e del gas continueranno a salire e le bollette di ottobre avranno importi doppi rispetto a quelli attuali. La situazione impone degli interventi efficaci da parte del Governo oppure tante bollette rimarranno insolute e altrettante aziende chiuderanno i battenti o fermeranno le macchine. Se nel biennio 2021/2022 i costi sono aumentati di oltre il 90%, gli analisti stimano per il 2023 un rincaro del 300% rispetto al 2020. Come salvarci da queste conseguenze della guerra in Ucraina? Le ipotesi di un razionamento del gas e di un lockdown energetico diventano sempre più reali mentre l’esecutivo tenta di trovare i fondi per combattere il caro-energia. I soldi, però, sono pochi e usarli per arginare gli aumenti di luce e gas significherebbe non avere più risorse per incrementare stipendi e pensioni.

Aumenti di stipendi e pensioni a rischio, mancano i soldi

Il bilancio dello Stato è seriamente a rischio. Sono stati utilizzati 17 miliardi di euro per il Decreto Aiuti Bis e mettere mano ad altri fondi significherebbe creare uno squilibrio finanziario in un momento poco opportuno. Di conseguenza, gli aumenti di stipendi e pensioni previsti per il 2023 potrebbero non esserci. Al momento, infatti, la situazione più urgente da affrontare è quella del caro-energia.

Il Governo Draghi ha in progetto l’esecuzione di due atti principali per limitare i danni dei rincari. Il primo riguarda l’approvazione di un emendamento al DL Aiuti Bis con 5/10 miliardi di euro volti ad aiutare famiglie e imprese. Serviranno, ad esempio, per prolungare lo stop degli oneri di sistema in bolletta, per calmierare le forniture alle imprese e per erogare credito d’imposta alle aziende energivore. Il secondo atto prevede, invece, l’attivazione di un nuovo Decreto poco prima delle elezioni del 25 settembre con conversione lasciata al nuovo esecutivo. In questo modo si avrebbe il tempo di conteggiare le entrate del mese e di trovare nuovi escamotage per ridurre la spesa pubblica. Nelle previsioni rimangono, comunque, il rafforzamento del Bonus sociale, la proroga del taglio delle accise e – con molta probabilità – una riduzione generale dei costi. Non è da escludersi, ad esempio, l’azzeramento dell’IVA sul gas.

Dove trovare le risorse necessarie?

Per il credito d’imposta alle imprese energivore servono 12 miliardi di euro. Dove trovare tanti soldi? Il Governo spinge per costringere le imprese che hanno vantato extra profitti a pagare 9 miliardi di euro con la tassazione del 25%. Si pensa a penali talmente elevate da far desistere le aziende dall’idea di avanzare ricorsi. In più si sta cercando di attuare un disaccoppiamento tra mercato elettrico e del gas con lo sblocco di 17 terawattora comprati dal Gse ad un prezzo molto più basso per trasferirli alle aziende energivore.

E i soldi per gli aumenti di stipendi e pensioni? Servirebbero minimo altri 10 miliardi di euro che lo Stato non ha a disposizione. Con le casse vuote e il debito pubblico alle stelle la situazione non promette nulla di buono.

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Valentina Trogu

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