Tra gennaio e febbraio, il nostro Governo, guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi, avrebbe dovuto tenere diversi incontri con i tre principali sindacati sullo spinoso e delicato argomento pensioni.
Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori (CISL ) e Unione Italiana del Lavoro (UIL), attendono da tempo di discutere di una profonda riforma del sistema pensionistico.
Cosa sta accadendo? Cosa dobbiamo attenderci, soprattutto, tra piccole novitĂ sostanziali che di fatto stanno per avvenire e una riforma globale ed epocale che invece tarda ad arrivare?
Le pensioni sono sempre in cima all’agenda dei vari governi italiani che si sono succeduti in questi delicati anni di crisi economica, emergenza sanitaria e conflitti politici che, come quello in corso, non permettono mai una stabilità continuativa in seno al Parlamento, in grado di consentire un continuativo e duraturo piano di riforme.
Ngli ultimi anni. gli esecutivi che hanno guidato il Paese si sono limitati ad armeggiare con il quadro esistente. Finora, sono stati diffidenti nel fare cambiamenti significativi, a causa della complessitĂ della questione che devono risolvere.
Inoltre, il problema di fondo è chiaro: debito pubblico altissimo, pressione fiscale alle stelle, rischio concreto recessione se non si trovano sbocchi in merito alla delicata questione del gas russo (siamo vicini alla soluzione grazie agli accordi con l’Algeria).
Mentre la sostenibilitĂ fiscale del sistema pensionistico pubblico deve essere mantenuta, i responsabili politici devono garantire che le pensioni siano adeguate in futuro, in particolare per i giovani e le donne.
Allo stesso tempo, è necessario ringiovanire la popolazione attiva. Significa aiutare le aziende a licenziare il personale più anziano, a tagliare i costi e aumentare la produttività , senza gravare sulle finanze pubbliche. Un ricambio generazionale indispensabile, come ogni Paese civile e intelligente richiede a se stesso e deve attuare, mettendo in condizione chi ha lavorato tanti anni, nel pubblico e nel privato, di andare in pensione in modo dignitoso.
Con la fine di Quota 102 resteranno poche strade per andare in pensione anticipata. Tre sono le soluzioni suggerite dall’Inps per un percorso flessibile e sostenibile.
In questo contesto l’Inps suggerisce una d’uscita per una riforma finanziariamente sostenibile. La soluzione poggia sull’uscita a 64 anni di età e almeno 35 di contributi con il ricalcolo interamente contributivo della pensione.
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