I messaggi scambiati via telefono, mail o anche attraverso applicazioni di messaggistica come WhatsApp possono avere valore legale in caso di conclusione di acquisti a distanza.
La pandemia e i lockdown che ne sono seguiti hanno causato un aumento della quantità di acquisti conclusi a distanza.
Pochi sanno però di quanto sia pesante il valore legale di scambi e contratti concordati via messaggio. Se gli SMS viaggiano in un terreno più incerto e le mail sono considerate prova di legge solo se scambiate tramite PEC, diverse sentenze di corti d’appello e della cassazione hanno stabilito che i messaggi scambiati via WhatsApp o altre applicazioni di messaggistica istantanea possono essere considerate sufficienti per provare un avvenuto acquisto di un bene o di un servizio.
Tra i metodi di comunicazione istantanea a distanza, SMS e mail sono i più vecchi. Se i primi hanno ormai perso rilevanza, la posta elettronica è rimasta fondamentale e tutt’ora buona parte delle comunicazioni lavorative e istituzionali utilizza questo mezzo. L’importanza delle e-mail è tale che in Italia è stata sviluppata la PEC, la posta elettronica certificata. Vi si può accedere tramite alcuni servizi che la garantiscono in cambio di un costo relativamente basso, e le mail inviate in questo modo hanno valore di raccomandata.
Per gli SMS la situazione è più complessa. La tecnologia dietro ai messaggi di testo telefonici può avere problemi di compatibilità tra dispositivi anche molto importanti. Quindi diverse sentenze, come la sentenza n.5141/19 della corte di Cassazione, hanno stabilito che la parte danneggiata può contestare il contenuto di un SMS, ma che comunque questi messaggi hanno valore di prova.
Queste circostanze valgono soltanto se si riesce a provare il contenuto del messaggio. La prova del solo invio dell’SMS infatti non vale come prova, come testimonia la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n. 117/20.
Siamo abituati a considerare gli scambi su WhatsApp o su altre applicazioni di messaggistica come Telegram, il livello più informale di comunicazione istantanea via testo. In realtà però, data la tecnologia tramite cui essi funzionano, questi scambi risultano molto mento controversi dal punto di vista legale rispetto agli SMS.
Un messaggio su WhatsApp infatti non ha problemi di compatibilità dei dispositivi, in quanto entrambi utilizzano la stessa applicazione e la stessa tecnologia di conseguenza. La Sentenza n. 19155/19 della Corte di Casszione ha deciso che le chat di WhatsApp e di altre applicazioni di messaggistica hanno valore di prova in giudizio. Questo significa che sta alla parte contro cui queste prove vengono utilizzate, e non a chi accusa, provare l’eventuale falsità dei messaggi.
Queste sentenze hanno quindi creato i presupposti per rendere pesantissimo ogni messaggio scambiato su WhatsApp o tramite altre applicazioni simili. Un acquisto concluso in questo modo è da considerarsi legalmente valido ad esempio, e se la questione dovesse finire davanti ad un giudice, questi dovrà valutare quanto scritto via messaggio come prova. Le conseguenze quindi possono essere gravi, sfociando in casi estremi anche nel penale.
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