L’inflazione pesa sulle tasche degli italiani. Dopo un decennio di stagnazione dei prezzi, la combinazione tra ripresa economica e crisi energetica ha spinto beni e servizi ad aumentare anche di percentuali a due cifre in alcuni settori.
Così dopo anni le buste paga dovrebbero tornare a salire, in linea con l’inflazione.
Non è però facile costringere i privati a rivedere i propri contratti, specialmente in Italia dove i salari tendono ad essere più bassi della media europea. Per questo durante la campagna elettorale i partiti hanno avanzato diverse proposte per aumentare gli stipendi degli italiani, senza per questo incidere troppo sulle casse dello stato, vediamone alcune.
Erano anni, anzi più di un decennio, che l’inflazione non si faceva sentire in questo modo. Dalla crisi del 2008 in poi, nonostante la ripresa economica, i prezzi di beni e servizi sono rimasti sempre molto bassi. Le ragioni sono varie, ma sono soprattutto legate ad un’economia che faticava a crescere, in Italia in particolare. Poca crescita significa poca domanda, e di conseguenza prezzi bassi per stimolarla.
Ma l’economia in crisi ha anche spinto le banche centrali ad inondare i mercati di denaro, per stimolare l’economia. Con questa situazione si è arrivati alla ripresa post Covid. Dopo un anno di blocco, tutte le attività produttive mondiali si son rimesse in moto nello stesso momento. La domanda di beni e servizi è schizzata da zero alle stelle in pochi mesi, questo è stato il primo motivo del rialzo dell’inflazione.
Ma proprio questo improvviso balzo ha causato un blocco del commercio mondiale, sovraccaricato dalla domanda improvvisa. Meno beni riescono a raggiungere meno luoghi, aumentando la scarsità percepita e quindi i prezzi. Al contempo le aziende in ripresa hanno richiesto moltissima energia, aumentando il costo dei carburanti e dell’elettricità. Questi sono il secondo e il terzo fattore che hanno spinto l’inflazione. Infine l’invasione russa dell’Ucraina ha fatto schizzare il prezzo del gas, completando il quadro.
L’inflazione è quindi un fenomeno che va avanti da almeno un anno, per questo alcune misure per contrastarla sono già state prese. Una è ad esempio l’assegno unico, che elargito direttamente nelle buste paga ha aumentato gli stipendi delle famiglie con figli ance di centinaia di euro al mese. Inoltre esiste un meccanismo chiamato perequazione di busta, che comporta un aumento automatico degli stipendi in caso di inflazione.
Oltre a questo però i partiti hanno proposto, durante la campagna elettorale appena finita, diversi aumenti. Il più improbabile che si realizzi, dato l’esito delle elezioni, è il piano del PD di stabilire una quattordicesima mensilità per tutti i lavoratori dipendenti. Forza Italia invece ha proposto una decontribuzione per chi assume giovani. Questo aumenterebbe potenzialmente gli stipendi di chi si avvia la prima volta verso il mondo del lavoro, ma costerebbe molto allo stato.
Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali però boccia entrambe queste proposte. Secondo l’economista sarebbe meglio aumentare la soglia dei rimborsi che i datori di lavoro possono elargire ai dipendenti. Al momento questa soglia è a 600 euro, ma la si potrebbe portare a 2000 euro per dare maggior spazio a interventi delle singole aziende.
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