Molti prezzi delle materie prime, come petrolio, grano e rame, stanno scendendo mentre non si attenuano affatto le preoccupazioni per una recessione. Insomma, l’apparente tregua dei rincari non sembra equivalere all’uscita dal tunnel.
Un’economia più debole ridurrebbe, in teoria, la domanda di alcuni beni. Il rame, ad esempio, potrebbe benissimo essere una di quelle merci che cade in disgrazia.
In una fase di recessione, l’edilizia rallenta – il rame viene utilizzato nei cablaggi e negli impianti idraulici.
Altre industrie producono meno cose come le apparecchiature elettriche, che utilizzano anche il metallo.
Gli esperti, tuttavia, differiscono su quanto dureranno questi ribassi di prezzo e quanto raffredderebbero l’inflazione.
Edward Yardeni, economista di fama mondiale e presidente e chief investment strategist di Yadeni Research, ha dichiarato al portale Barron’s che i prezzi delle materie prime offrono una buona lettura del sentimento sull’economia globale.
“In questo momento stanno decisamente puntando verso una domanda più debole di materie prime in generale, il che potrebbe essere solo perché la crescita economica globale sta rallentando”, ha aggiunto.
Helima Croft, responsabile della strategia globale delle materie prime presso RBC Capital Markets, con le sue dichiarazioni ha fatto eco a Yardeni.
“Le paure di una recessione globale sono diventate il nostro incubo peggiore quotidiano, eclissando le preoccupazioni inflazionistiche”, ha affermato.
Ryan Grabinski, stratega degli investimenti presso la società di ricerca Strategas, prevede che la domanda di alcuni metalli “potrebbe finire per essere un po’ più debole”, soprattutto se l’attività edilizia in Cina dovesse diminuire. “Ma alla fine, la domanda di materie prime agricole ed energetiche è ancora alta” a livello globale.
Tuttavia, Yardeni vede nuovi pericolosi segni di un picco dei prezzi del petrolio. In una nota di venerdì, ha sottolineato che la produzione di petrolio degli Stati Uniti è aumentata e che i prezzi elevati sono in fase di stallo, e ha attribuito parte dell’aumento dei prezzi alla guerra.
I prezzi del greggio sono scesi di circa il 3,5% la scorsa settimana e sono scesi di circa il 5,6% questo mese alla chiusura di venerdì, secondo FactSet.
Croft, tuttavia, sostiene che le forniture di energia rimangono limitate: “Abbiamo ancora una capacità inutilizzata molto, molto ridotta”.
I cali di prezzo non sono affatto su tutta la linea. Inutile sognare cambiamenti epocali I futures sul grano più attivamente scambiati sono scesi di circa il 14% la scorsa settimana, ma l’oro ha retto molto meglio, perdendo meno dell’1%.
Insomma, le nubi nere non sembrano destinate diradarsi tanto presto.