Di recente è stata pubblicata un’incredibile ricerca scientifica che dimostra la correlazione tra il mal di testa e fotofobia.
Uno dei sintomi più comuni del mal di testa e l’ipersensibilità alla luce, conosciuta anche con il nome di fotofobia. A quanto pare più del 80% dei soggetti emicranici soffre di fotofobia, ovvero una sensibilità anomala alla luce.
La correlazione tra mal di testa e fotofobia dimostra ancora una volta che il nostro cervello è un filtro che riesci a distinguere gli stimoli provenienti dall’esterno e a classificarli come potenzialmente dannosi. Tuttavia, può capitare che alcune forme di cefalea riducono il livello di tolleranza nei confronti di alcuni impulsi che normalmente non arrecano alcun danno.
È questo il motivo per il quale chi soffre di mal di testa può avere una maggiore avversione nei confronti della luce, dei rumori o degli odori.
Mal di testa e fotofobia: una scoperta sensazionale
Di recente è stato pubblicato uno studio scientifico nato dalla collaborazione tra l’Istituto di Biorobotica della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, l’Istituto di neuroscienze del CNR di Pisa e il Dipartimento di scienze biomediche dell’università di Padova.
I risultati della ricerca sul mal di testa sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica “Journal of headache and pain”.
Dagli studi condotti è emerso che durante un attacco di emicrania i neuroni sono meno attivi. Tuttavia, essi riescono a sincronizzarsi molto più velocemente, in modo tale che la risposta della corteccia visiva si propaghi eccessivamente tanto da comportare un’ipersensibilità.
Lo studio spiegato dai ricercatori
Come spiegato da Niccolò Meneghetti, il primo autore del lavoro nonché studente dell’Istituto di biorobotica:
“Il nostro studio mostra che i neuroni nella corteccia sono meno attivi in risposta a uno stimolo visivo. Questo succede a causa di un potenziamento, nelle persone con mal di testa, dei neuroni ‘inibitori’. Il loro ruolo è quello di diminuire l’attività cerebrale. Meno attività però non significa per forza che le informazioni non continuino a viaggiare: non solo i neuroni continuano a parlare tra di loro, ma proprio i neuroni inibitori sincronizzano le comunicazioni impacchettandole più velocemente di quanto non succeda senza emicrania, portando quindi a una trasmissione troppo efficace dell’informazione visiva”.
Sull’argomento è intervenuto anche Alberto Mazzoni, responsabile del laboratorio di neuro-Ingegneria computazionale della scuola superiore Sant’Anna, spiegando che:
“Per capire i comportamenti patologici dei neuroni, partiamo sempre da un modello matematico del comportamento sano. Poi studiamo come le modifiche che la malattia induce nei singoli neuroni portino a cambiamenti nella dinamica della rete e quindi a malfunzionamenti. Questo è possibile solo con una collaborazione molto stretta tra chi acquisisce i dati e chi li analizza e modella, ovvero i neurofisiologi e i neuroingegneri. I risultati di oggi in particolare non sarebbero stati possibili senza Matteo Caleo. Il professore al Cnr di Pisa e all’Università di Padova ha ideato il lavoro e ne ha guidato gli aspetti sperimentali, fino alla tragica e prematura scomparsa di questa primavera. Il lavoro è dedicato a lui”.