Spesso ci si confonde, non si intercetta la differenza tra le due misure. I cittadini tendono a mescolare le carte in tavola in questo caso.
Una delle misure più contestate in assoluto dalla popolazione, o meglio da una parte di essa. Dall’altra parte invece, la stessa è vista come una delle migliori operazioni di sempre nella complessa lotta contro il rischio povertà. Due misure spesso confuse, dettagli mancanti nella considerazione dell’una e dell’altra, nella concezione e nella comprensione dell’una e dell’altra.
Reddito di cittadinanza e pensione di cittadinanza, il punto non è spesso chiaro ai cittadini. La differenza tra le due misure, che certo nascono dallo stesso provvedimento non è con molta probabilità linearmente evidente alla maggior parte della stessa cittadinanza. Resta chiaro, almeno in questa fase storica l’ostilità che una parte del paese nutre nei confronti dello stesso Reddito di cittadinanza. Una operazione che secondo molti non risolverebbe alcun problema.
La posizione insomma è critica, non si risolvono problemi anzi se ne creano altri, a cominciare dalla presenza di quanti titolari di “reddito” rifiutano sistematicamente le offerte di lavoro man mano arrivategli. Rifiuto che nasce dalla possibilità di perdere lauti importi in cambio praticamente del nulla, della disoccupazione cronica vissuta da molti come la migliore delle condizioni possibili. Questo fronte si scontra però con l’altra parte della popolazione.
Si scontra insomma con quanti sostengono che questa sia una misura che realmente ha inferto un duro colpo alla condizione di povertà e che negli ultimi anni ha sostento più che mai milioni di famiglie in un momento più che complicato della nostra recente storia. La disputa insomma è praticamente infinita. Entrambe le misure in questione cosi come anticipato nascono attraverso il decreto Legge 4/2019 con l’obiettivo di contrastare la povertà. Stesso atto legislativo, insomma con l’intento specifico di assottigliare gli effetti della disuguaglianza e dell’esclusione sociale.
Il senso del Reddito di Cittadinanza è praticamente racchiuso nelle sue due dinamiche portanti, fornire un sostentamento a chi vive una situazione di particolare disagio economico e provare ad offrire un lavoro alla stessa persona per fare in modo che tale condizione venga del tutto abbandonata. Cosi come si è spesso ripetuto in passato, un patto per il lavoro, un patto per l’inclusione sociale.
I requisiti necessari per accedere a tale misura sono sostanzialmente tre e riguardano sia il cittadino che il suo rispettivo nucleo familiare:
Quando si parla di Pensione di Cittadinanza, invece, si parla di tutt’altra logica, in un certo senso. La definizione in questione arriva nel momento in cui il percettore di Reddito di Cittadinanza ha almeno 67 anni. Valido sempre il discorso dell’uguaglianza e dell’inclusione sociale ma chiaramente senza alcuna dinamica di reinserimento nel mondo del lavoro.
Oltre al requisito di natura anagrafica, per arrivare a percepire tale misura bisogna in linea di massima presentare la stessa condizione utile all’accettazione della domanda per il Reddito di Cittadinanza. La differenza sta nella non necessaria richiesta di ulteriore rinnovo passato un certo arco di tempo. Cosa che invece accade per il “reddito”, necessariamente da rinnovare, in quanto a richiesta passati 18 mesi. Le differenze insomma esistono ed in alcuni frangenti appaiono anche abbastanza nette.
Due misure certo, assolutamente utili in questa particolare fase storica. Osteggiate e non poco in linea di principio, in merito probabilmente al fallimento della questione riguardante il reinserimento nel mondo del lavoro. Due misure comunque da non confondere tra loro. Fini e destinatari appaiono in qualche modo non del tutto comuni. Provvedimenti tutt’ora attivi che fanno la fortuna di milioni e milion di italiani, pur scontentando la restante parte di essi.
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