Si attendono speculazioni sul prezzo del grano dopo la fine dell’accordo Russia-Ucraina. I furbetti cavalcano l’onda per spillare soldi ai consumatori.
Con la scusa della carenza di grano sul mercato i prezzi lievitano ma in realtà si tratta di mere speculazioni.
La Russia ha deciso di interrompere l’applicazione dell’accordo sul grano con l’Ucraina. Questo è un dato di fatto mentre non lo è l’associazione tra mancato accordo e aumento del costo del prodotto. Lorenzo Bazzana della Coldiretti e Federica Ferrario di Greenpeace sottolineano come l’incremento dei prezzi del grano tenero e duro non sia strettamente connesso alla decisione russa bensì alle speculazioni legate alle tensioni geopolitiche. L’intesa è stata sottoscritta nel mese di agosto grazie alla mediazione della Turchia e dell’ONU. Per tre mesi le parti si impegnavano a non attaccare le navi durante le operazioni di carico e trasporto.
In questo modo sono stati esportati dall’Ucraina 8 milioni di tonnellate di grano. Il 62% ha raggiunto altri Paesi europei, il 19,5% l’Asia, il 13% l’Africa e, infine, il 5,3% i Paesi del Medio Oriente. Ora l’accordo è decaduto per decisione di Mosca, con quali conseguenze per l’Italia?
La Russia ha “approfittato” dell’attacco definito come terroristico da parte di Kiev alla base di Sebastopoli per porre fine all’intesa prima dei tre mesi. I future sul frumento sono, così, aumentati del 48,90% arrivando a quota 878,40 nel momento in cui l’articolo viene scritto. Il mais ha avuto un incremento del 16% raggiungendo quota 693,88; scende il cotone così come il petrolio mentre materie prime quali germogli di soia, olio degli Urali nonché gas naturale, Etanolo e propano hanno registrato incrementi dei prezzi.
Il quadro generale indica una situazione altalenante e una gara dei prezzi leagata alle speculazioni registrate in questi ultimi mesi. L’aumento era scontato secondo il Presidente Giansanti di Confagricoltura e ha portato ad un aumento del rischio di crisi alimentare globale.
Come accennato negli ultimi mesi le esportazioni dall’Ucraina, una delle nazioni maggiori fornitrici di grano, sono continuate arrivando principalmente in Europa. Carenze si registrano in altri continenti ma non è certo la prima volta. Una riduzione importante delle forniture è stata registrata nel 2021 con il calo legato alla siccità in Canada. Ora nei Paesi in cui la riduzione è eccessiva – Africa e Medio Oriente – arrivano rinforzi soprattutto dall’Europa. I canali globali – afferma Giansanti – funzionano proprio con il passaggio del prodotto da zone in cui è presente a territori in cui scarseggia.
Le risorse inviate all’estero, però, non saranno sostituite da nuove scorte a causa della fine dell’intesa. Da qui la nascita di problemi seri soprattutto dove i costi aumentano troppo rispetto alle possibilità dei cittadini. E se intervengono anche le speculazioni – come accade per il grano duro – intravedere una soluzione diventa impossibile.
Qual è la conclusione da trarre dopo aver delineato il contesto generale? Prepariamoci a nuovi rincari sul latte e derivati, sulla carne, sui grissini e la pizza nonché sui dolci, pane e pasta.
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