La stufa pirolitica prende quota, anche se con alcuni limiti di disponibilità. Il risparmio c’è e i vantaggi supererebbero gli svantaggi.
L’ascesa dei prezzi del gas ha stimolato l’ingegno dei contribuenti in materia di fonti alternative. In questo senso, il pellet ha da sempre rappresentato un’importante via parallela.
Al momento, però, nemmeno il legno è garanzia di risparmio effettivo. I rincari, infatti, hanno colpito anche questo settore, rendendo il pellet meno appetibile anche rispetto al gas stesso. E ora, con l’inverno in arrivo (perché prima o poi dovrà arrivare), sembrano riprendere quota strumenti che le evoluzioni tecnologiche in fatto di riscaldamento avevano man mano fatto accantonare. La semplice stufa elettrica rischia di essere più una macchia d’olio che un aiuto reale, vista l’incidenza che potrebbe avere sulla fattura dell’elettricità. Occhio però alla stufa pirolitica, le cui quotazioni sono scese improvvisamente nell’ultimo periodo. Tanto da entrare in competizione con i dispositivi a pellet. Una prospettiva interessante, specie in questo momento.
Gli impianti in questione, come dice il nome, sfruttano il processo di pirolisi, ossia una reazione termochimica che, una volta innescata, consente di generare calore. Il funzionamento richiede anch’esso la collaborazione delle biomasse, riscaldate a temperature vicine ai 400 gradi senza ossigeno. Una combinazione che consente la produzione di un calore sufficiente a garantire un riscaldamento pari a quello dei termosifoni alimentati dalla caldaia e, al contempo, uno scarto decisamente minimo di materiali. Prestazioni elevate, quindi, a impatto decisamente esiguo.
Stufa a pellet o pirolitica? Le principali differenze e quale conviene di più
Scegliere un dispositivo da impiantare nella nostra abitazione presume almeno un paio di riflessioni. In primis il posizionamento e, naturalmente, l’eventuale predisposizione dell’ambiente alla tecnologia da utilizzare. Nondimeno, a essere valutata sarà la spesa totale. Risolti questi due temi, si passerà all’azione, puntando tutto sul nuovo dispositivo in vece del tradizionale riscaldamento al gas. La stufa pirolitica, in realtà, garantisce buone performance in termini di calore. La biomassa bruciata in assenza di ossigeno, infatti, consente quasi di pareggiare quanto realizzato con il riscaldamento classico, agendo in un contenitore sostenuto da un tubo di acciaio. La copertura isola il combustibile, impedendo quindi all’ossigeno di entrare nel dispositivo e favorendo la reazione del composto, necessaria al funzionamento della stufa. Inoltre, alla base della struttura, sarà posto un foro che garantirà l’aerazione.
I vantaggi sono abbastanza intuibili: scarso (quasi nullo) impatto ambientale, utilizzo semplice, installazione pure e lavori di manutenzione estremamente radi. Addirittura, per chi è leggermente avvezzo al fai-da-te, per l’installazione potrebbe non rivelarsi necessario nemmeno l’intervento di un tecnico. L’efficienza energetica, teoricamente, dovrebbe essere in grado di compensare le spese di installazione, alimentando al contempo il mercato dei dispositivi sostenibili. Con il dettaglio, non trascurabile, della disponibilità limitata delle stufe pirolitiche, al momento in vendita perlopiù per l’esterno. Per quanto riguarda i prezzi, non si parla di spese eccessive. Molto dipende dal posizionamento e dalla grandezza del pezzo, con costi che oscillano fra i 100 euro per i dispositivi più piccoli fino ai 2 mila euro necessari per quelli più grandi. Il beneficio, però, sarebbe notevole. Per le tasche e anche per l’ambiente, visto che secondo gli esperti l’impatto sarebbe infinitesimale rispetto al riscaldamento a gas.