Dall’olio al latte, dal caffè agli ortaggi: l’inflazione macina rincari e le piccole flessioni di settembre indicano instabilità più che buon notizie.
Tasso di inflazione superiore al 12% nel mese di ottobre e prospettive di miglioramento praticamente pari allo zero. Situazione che si riflette inevitabilmente sulle spese quotidiane.
Un giro al supermercato sarà sufficiente per rendersi conto del divario abissale fra la spesa pre e post crisi. Il ritmo galoppante dei rincari ha finito inevitabilmente per interessare anche i prodotti più comuni, trascinando i contribuenti in un loop ridondante, quasi con la necessità di effettuare la propria spesa alimentare con la calcolatrice in mano. Non è un mistero, infatti, che alcuni fra i pezzi più richiesti, fra quelli in vendita nei supermercati, abbiano conosciuto un rally impressionante in termini di aumenti, sfiorando percentuali impressionanti in relazione ai costi standard. Un quadro descritto da Altroconsumo che, sulla base dei ritmi di inflazione, ha individuato una decina di prodotti di uso comune fra quelli più soggetti ad aumento.
Dall’olio di girasole a quello extravergine d’oliva, dalla farina fino addirittura al latte. La situazione si è fatta decisamente complicata per i consumatori, posti di fronte a un rincaro generalizzato in grado di erodere progressivamente anche i risparmi più strutturati. L’associazione, nella sua indagine, ha tenuto in considerazione i prezzi praticati effettivamente all’interno dei punti vendita della grande distribuzione (inclusi i discount) per il mese di settembre, ovvero quando l’inflazione sfiorava “solo” il 9%. Il confronto con il 2021 è stato impietoso, specie per quel che riguarda i beni di primissima necessità.
Latte, olio, farina: l’infausta top 10 dei rincari da inflazione
Che si spenda mediamente di più rispetto allo scorso anno è un dato ormai acclarato. E pensare che, nel mese di settembre, alcuni prodotti hanno addirittura subito una riduzione rispetto ad agosto. Un indicatore dei cambiamenti possibili, non certo un indizio di un’inversione di tendenza (purtroppo). Semmai una “spia” che rende evidente, una volta di più, l’instabilità dei mercati e, di conseguenza, dei prezzi del prodotto finito. Particolarmente colpito da questa situazione è stato l’olio di girasole, salito in un anno addirittura del 61%. Un aumento che, secondo gli esperti, sarebbe da attribuire in buona parte alla guerra in Ucraina. Confortante sapere che, negli ultimi mesi, si è arrivati quantomeno a una stabilità, con cali sia ad agosto che a settembre.
Situazione più o meno simile per la farina, aumentata del 37% rispetto al 2021 ma in calo (anche se appena dell’1%) nell’ultimo mese. Occhio anche agli ortaggi, visto che la fornitura delle derrate risente in modo diretto sia delle crisi economiche che di quelle geopolitiche. Le zucchine, ad esempio, hanno toccato percentuali di rincaro del 33%, mentre la pasta ha risentito della criticità legata alle forniture di grano, anche se assorbendo il colpo tutto sommato discretamente. Ma pur sempre con un + 26% da mettere a referto.
Situazione difficile anche per il latte Uht, salito anch’esso del 26%, boom pressoché improvviso a partire dal mese di marzo. Sale anche lo zucchero (+ 24%), così come l’olio extravergine d’oliva (15%), anche se quest’ultimo con una piccola frenata del 2% per il mese di settembre. Chiudono il cerchio la passata di pomodoro, le banane e il caffè, con rincari compresi fra il 15% e il 7%. Per un totale di oltre 20 euro in più, in media, sulla spesa alimentare. Somma che, a fine anno, fa tutta la differenza del mondo.