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Apocalisse, il mondo finirà: il supercomputer rivela la data, non manca molto

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Damiano Mattana

Il concetto di “apocalisse” varia da civiltà a civiltà. Eppure, secondo la scienza, la deriva della civiltà umana non sarebbe quella giusta.

Film, libri, profezie più o meno fondate, testi religiosi… Il concetto della “fine del mondo” ha attraversato a braccetto con la psiche umana la storia della nostra evoluzione.

Foto: Canva

Dalla profezia biblica dell’Apocalisse al Ragnarok vichingo (e al conseguente riferimento tolkeniano con la creazione della Dagor Dagorath), fino all’Armageddon “classico” che attribuisce a un meteorite piuttosto che a un raggio solare troppo potente l’estinzione di massa della vita sulla Terra. Senza dimenticare il calendario Maya ovviamente e tutte le attese che caratterizzarono (ormai dieci anni fa) l’anno 2012, così come la grande paura dell’anno Mille. Gli esempi potrebbero essere letteralmente centinaia, tutti più o meno legati alle culture dei popoli terrestri, a tradizioni e credenze religiose, che hanno formato nei secoli convinzioni escatologiche più o meno influenzabili fra loro. A livello scientifico c’è poco di concreto, se non calcoli statistici sulla possibilità che un asteroide possa realmente colpire la Terra o sulla modifica dei climi terrestri.

Difficile, in sostanza, elaborare al meglio il concetto di “fine del mondo”, che così tanto ha stimolato l’inventiva nelle arti dell’uomo. A guardarla con gli occhi di uno scienziato, si potrebbe parlare forse di una nuova fase della Terra che, magari, non prevedrà più la presenza dell’uomo. Quello che, per il nostro Pianeta, sarebbe una sorta di ritorno alle origini. Nel pensare comune, il concetto è decisamente meno elaborato: la parola “apocalisse” raramente viene collegata appieno alla descrizione che se ne fa nell’ultimo libro del Nuovo Testamento, attribuendone il significato piuttosto alla fine della vita dell’uomo sulla Terra. Magari per qualche cataclisma. In sostanza, un’estensione di senso piuttosto comune nella lingua italiana, che utilizza un termine come antonomasia per descriverne altri più o meno correlati.

Il supercomputer calcola la data dell’apocalisse: ecco il calendario escatologico

È chiaro che il ragionamento sulla possibile “fine del mondo” derivi dall’ignoto che caratterizza la morte, ossia l’unica circostanza certa e reale legata alla fine della vita. L’apocalisse, intesa come catastrofe globale, altro non è che un’estensione su scala generale di quest’incertezza. Come fosse logico una sorta di destino comune per tutti gli abitanti della Terra. Il naturale termine di un percorso che, per la letteratura escatologica, non avverrebbe in modo graduale ma con un evento cataclismatico. Abbastanza potente da stravolgere gli equilibri naturali esistenti e spazzare via la vita come la conosciamo. Credenze e calcoli variano in base alle tradizioni stesse dei popoli. Quella dell’anno Mille fu un timore comune, basato su degli eventi precisi. Mentre quanto si riteneva possibile nel 2012 si basava unicamente sulle predizioni di una civiltà, ottenendo riscontro più a livello mediatico che sul piano scientifico.

Il vaticinio della scienza

Tuttavia, qualche tentativo anche in questo senso non è mancato. Chiaramente, i ragionamenti tengono in questo caso conto di altri fattori, ugualmente rilevanti per determinare il futuro del nostro Pianeta. Anzi, forse gli unici realmente determinanti. In primis il tasso di natalità, ovvero quello che permette di avere un quadro demografico (di presenza effettiva dell’uomo sulla Terra), ma anche l’inquinamento e la disponibilità di risorse. Argomenti attualissimi e che, oggi come oggi, preoccupano come non mai. Eppure trattati anche fra gli anni Sessanta e Settanta, quando il Club di Roma (formato da circa trenta figure scientifiche, imprenditoriali e del campo economico e umanistico) si riunì su chiamata di Aurelio Peccei per valutare la via intrapresa dall’uomo.

Il calcolo del supercomputer

Già nel 1972, le discussioni del gruppo avevano lasciato il posto a dei finanziamenti volti alla realizzazione di un progetto del Mit. Un computer, anzi, un supercomputer in grado di prevedere, tramite alcuni algoritmi, quanto le previsioni del Club di Roma potessero essere azzeccate. E, soprattutto, quando la loro combinazione avrebbe portato alla fine di tutto. Le conclusioni del gruppo furono convogliate nel best seller “Limits to Grow”, mentre il calcolatore metteva a punto dati e parametri, emettendo i suoi primi responsi.

La previsione per il 2020 era già decisamente critica, soprattutto per il grave livello di inquinamento ambientale. Una deriva che avrebbe portato alla fine della vita civile, per come la conosciamo (e la conoscevamo anche allora) in un periodo compreso fra il 2040 e il 2050. In questo senso, nemmeno i rimedi green (come le auto prive di combustibili fossili) sarebbero in grado di mettere un freno al processo. Niente meteorite quindi ma un’implosione causata dall’uomo stesso.

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Damiano Mattana

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