I social, per quanto utilizzati massicciamente, continuano a far discutere. Specie OnlyFans, uno dei più recenti e controversi.
Il successo di un social network non sempre ne garantisce la qualità. Fatta eccezione per i nomi più altisonanti (ai quali non mancano comunque i momenti di defaillance), l’esplorazione delle piattaforme di interazione web richiedono tempo e, spesso, vere e proprie sorprese.
Uno degli ultimi trend riguarda OnlyFans, sito che mette in contatto utenti nelle vesti di creator e fan, coi primi che possono guadagnare denaro tramite i secondi attraverso la condivisione di contenuti. Una di quelle piattaforme che, in breve tempo, sono state in grado di prendersi la scena, scatenando un dibattito sul reale peso del loro utilizzo. I social, da quando esistono, hanno diviso una società che, tuttavia, ne fa più che un ampio uso. Anche i più scettici ne possiedono almeno uno, limitandone magari l’utilizzo oppure destinandolo esclusivamente al lavoro. Fatto sta che, se vogliamo escludere Facebook, Instagram e compagnia, difficilmente qualche utente risulterebbe privo di WhatsApp. Forse non un social in senso stretto ma comunque uno strumento di comunicazione istantanea.
Occhio quindi a denigrare totalmente questi strumenti. Volenti o nolenti, nostalgici del passato o fan dell’informatica “gestibile” di una ventina d’anni fa, nella maxi-centrifuga della tecnologia ci siamo dentro, chi più chi meno. Certo, il giudizio dell’uomo deve mantenere un certo distacco (chiamiamola prudenza) rispetto alle potenzialità della macchina. Ecco perché, anche per i social network, l’uso che se ne fa deve tener conto di una linea di demarcazione da non superare. E, soprattutto, della possibilità di incappare in questioni al di fuori della nostra portata o, semplicemente, delle nostre competenze. Ad esempio, il non avere contezza assoluta della vera natura di una piattaforma informatica.
OnlyFans, rischio apparenza: ecco cosa potrebbe accadere ai clienti
OnlyFans ha in qualche modo rotto gli equilibri che avevano animato la creazione delle piattaforme di condivisione. Perché il semplice interscambio diventa a tutti gli effetti una vendita. Tant’è che, più che di utenti, si parla di “clienti”. Di recente, un’intervista rilasciata da una creator alla rubrica FQ Magazine de “Il Fatto quotidiano”, ha messo in evidenza qualche increspatura sulla superficie apparentemente chiara del sito. Ancora una volta, a scombinare il mazzo arrivano fattori fuori portata per i semplici utenti: ossia, la gestione stessa della piattaforma. Secondo la ragazza, venticinquenne, molte conversazioni fra clienti e creator non solo non avverrebbero realmente ma sarebbero gestite da agenzie che risponderebbero in vece dei secondi. Terzi che, in qualche modo, riuscirebbero a intervenire fra creatori di contenuti e fruitori, offrendo accordi per incrementare i guadagni sui contenuti venduti. Chiaramente, sulla base di quelli di maggior successo.
Non è un mistero che sulla piattaforma in questione ne circoli la più vasta flora. E che, in molti casi, i dialoghi assumano i contorni di quelle che la creator chiama “sex chat”. Anche queste, a suo dire, a volte gestite da tali agenzie di servizi. Le quali, a fronte della “mediazione” offerta, arriverebbero a ottenere persino il 30% lordo dei guadagni. Questo perché, spiega, molti “talenti” (come vengono chiamati i creator da OnlyFans) hanno migliaia di fan e sarebbe impossibile intrattenere conversazioni con tutti. Il problema (anzi, uno dei problemi) è che alcuni utenti arriverebbero a pagare cifre considerevoli, per essere poi contattati (o ricontattati) da messaggi preconfezionati. Senza considerare i contenuti delle conversazioni (che restano private), già di per sé una deriva tutt’altro che salutare del concetto di condivisione social. Quando l’intimità diventa merce la strada imboccata non è mai quella giusta…