Gli orari di lavoro dei lavoratori dipendenti sono regolati da norme molto precise in Italia, che prevedono anche risarcimenti.
Conoscere quali siano i propri diritti riguardo l’orario di lavoro è fondamentale per farli valere in sede contrattuale. La violazione delle norme minime sull’orario di lavoro è piuttosto comune nel nostro paese.
L’orario di lavoro è stato per anni oggetto delle più dure battaglie sindacali, con il raggiungimento delle otto ore giornaliere di lavoro come obiettivo finale. Ad oggi esistono, oltre a questo principio di massima, anche tutta un’altra serie di tutele attorno all’orario lavorativo dei lavoratori dipendenti. In questi anni si sta anche affermando una nuova idea di orario settimanale, la cosiddetta settimana di quattro giorni, una modifica piuttosto radicale al modo di concepire l’orario che prevede di lavorare alcune ore in più nei primi giorni della settimana per averne tre liberi.
Orario di lavoro, i diritti dei lavoratori
In Italia esistono diverse leggi che tutelano il lavoro dipendente, che è la posizione di lavoro più sicura da questo punto di vista. Dallo statuto dei lavoratori in poi si sono accumulate moltissime nuove norme con l’avanzare dei diritti dei lavoratori. La norma più comune è quella del massimo di 40 o 48 ore settimanali, a seconda della settimana da 5 o 6 giorni. Queste norme possono variare solamente se viene prevista un’eccezione nel contratto nazionale, che viene negoziato dai sindacati.
Altro concetto fondamentale per l’orario di lavoro dei dipendenti è il periodo di riposo minimo obbligatorio. La legge infatti stabilisce che non si possa costringere un dipendente a riprendere il lavoro a meno che non gli sia stato concesso un periodo di tempo preciso tra la fine dell’attività lavorativa e l’inizio della nuova giornata. Le ore stabilite dalla legge sono 11, ed è quindi illegale chiedere ad un dipendente di lavorare prima che sia passato questo periodo di tempo dall’ultima volta che ha staccato.
Riposi, pause e sanzioni
Pause e riposi sono oggetto di altre norme, che garantiscono al lavoratore di avere una vita al di fuori del posto di lavoro, e di poter intervallare le ore lavorative. Nel primo caso si parla del giorno di riposo settimanale. Ogni contratto da dipendente nel nostro paese deve obbligatoriamente prevedere un giorno di riposo. Si tratta quindi di 24 ore ogni sette giorni calcolate su una media di 14, che devono essere consecutive. Possono quindi essere anche 48 ore di seguito dopo 12 giorni consecutivi.
Nel secondo caso invece si tratta della pausa. Ogni lavoratore dipendente ha infatti diritto ad una pausa che cambia a seconda della durata della giornata lavorativa. In caso essa ammonti a meno di 6 ore, il lavoratore ha diritto ad almeno 10 minuti di pausa. Mentre se la giornata supera le sei ore la pausa è più lunga, può comprendere la consumazione di un pasto ed è però stabilita dal datore di lavoro in base alle esigenze dell’azienda.
I limiti delle tempistiche di lavoro sono legalmente riconosciuti e quindi violarli significa commettere un’infrazione. Questo avviene anche se il lavoratore è d’accordo con la violazione, e acconsente a lavorare più del dovuto. Non costituisce però reato, infatti secondo una sentenza della Cassazione, il lavoratore ha diritto ad un risarcimento in busta paga in caso subisca questo tipo di trattamento, ma non ci saranno altre ripercussioni sul datore di lavoro.