Nuovi studi sulle cellule staminali pluripotenti aprono frontiere inesplorate nella lotta al diabete. I tradizionali metodi di cura potrebbero essere superati.
Nuove frontiere esplorate dalla medicina nella lotta al diabete. La malattia silenziosa che complica la vita di chi la patisce potrebbe essere ostacolata da terapie innovative.
Non più tardi di qualche settimana fa, all’attenzione le agenzie del farmaco di sei Paesi europei sono state chiamate alla valutazione di un sistema terapeutico basato su staminali pluripotenti. Ossia, un nuovo tipo di approccio medico che potrebbe, secondo quanto teorizzato, offrire maggiori possibilità di affrontare la malattia potendo evitare alcune limitazioni fin qui caratterizzanti i trapianti di pancreas o di isole pancreatiche. Una procedura né di semplice esecuzione né di facile messa in pratica, vista la rarità di soggetti donatori e il rischio piuttosto elevato di rigetto. Al momento, ci si trova ancora in fase di sperimentazione. Tuttavia, per l’avvio dei primi test clinici non ci sarà da attendere molto: già nei primi sei mesi del 2023 potremmo assistere alle prime sperimentazioni.
Il tempo necessario affinché gli organi competenti possano procedere alla loro verifica e al loro verdetto. Chiaramente, nelle loro mani finisce una responsabilità importante. Il diabete accomuna milioni di persone nel mondo e, da più parti, è stata definita come una sorta di pandemia, se non altro per la sua ampia diffusione. Secondo le stime, entro il 2040 saranno più di 640 milioni le persone che, a livello globale, dovranno fare i conti con una delle varie tipologie della malattia. Al momento, per quel che riguarda il tipo 2 (la più diffusa), solo in Italia vi sono 3,5 milioni di casi, contando naturalmente solo quelli diagnosticati. Altre 300 mila soffrono di diabete di tipo 1, pericoloso in quanto ragione di seri danneggiamenti alle cellule del pancreas producenti insulina.
Diabete, le nuove frontiere della medicina: come funzionano le nuove terapie
Come riferito dal direttore dell’unità di Medicina rigenerativa e dei Trapianti del San Raffaele di Milano, il professor Lorenzo Piemonti, la ricerca ha letteralmente aperto le porte sul futuro. Le tecniche di contrasto al diabete oggi in uso, infatti, potrebbero essere migliorate con i cosiddetti “farmaci viventi”, quindi con le cellule stesse. Cure che, per inciso, potrebbero rimpiazzare anche i trapianti di isole pancreatiche, utili in passato ma sempre più difficili da realizzare, oltre che latori di una certa percentuale di rischio. Come ricordato da Piemonti, peraltro, si tratta di pratiche impossibili da realizzare senza immunosoppressione, in quanto la pratica del trapianto richiede di per sé farmaci per l’abbassamento delle difese immunitarie. Strategia necessaria per evitare il cosiddetto rigetto. Il punto di partenza delle ricerche successive è stato proprio questo: superare i limiti delle tecniche curative attuali.
Con l’uso di cellule staminali pluripotenti, ha spiegato il professore ad Avvenire, potrebbero essere sfruttati i processi di ingegnerizzazione per renderle invisibili al sistema immunitario ed evitare così il rigetto. In poche parole, ci si ritroverebbe in condizioni tali da poter contare su una sorta di “donatore universale”. Al momento sono sei gli studi clinici in corso su tale soluzione. Per questo è stato deciso di creare ex novo un reparto di medicina rigenerativa, dove dar spazio alla sperimentazione di nuove terapie. Le quali, precisa il professore, possono essere eseguite unicamente in centri specializzati e dirette da equipe multidisciplinari. Un nuovo step negli studi sul diabete che apre frontiere fin qui inesplorate. Il tutto partendo dalle cellule stesse, a nemmeno quattro anni dal primo trapianto di cellule insulino-secernenti da staminali pluripotenti. Il primo in Europa.