La legge di bilancio del 2023 che dovrà essere approvata entro dicembre dal parlamento ha una norma che prevede l’aumento degli stipendi.
Si tratta del taglio al cuneo fiscale, una diminuzione delle tasse sul lavoro che dovrebbe portare fino a quasi 400 euro in più all’anno in busta paga per i lavoratori dipendenti.
Questa norma era già stata prevista dalla riforma fiscale che il governo Draghi non ha avuto il tempo di portare a termine. È anzi anche meno ambiziosa della grande riforma dell’IRPEF che il precedente governo aveva intenzione di finanziare. Il taglio riguarderà soprattutto chi guadagna fino a 35.000 euro, rientrando quindi negli scaglioni più bassi della tassa sul reddito.
Nella manovra fiscale approvata dal consiglio dei ministri presieduto da Giorgia Meloni è presenta un taglio del cuneo fiscale. Meno ambizioso di quello previsto dalla riforma fiscale del governo Draghi, questo taglio delle tasse sul lavoro prevede una riduzione dell’imposizione di tasse sui redditi sotto i 20.000 euro annui del 3%, e sui redditi sotto i 35.000 euro annui del 2%.
Per i redditi tra i 20.000 e i 35.000 euro non cambia in realtà niente. Si tratta solo di una conferma rispetto alle misure già approvate per la prima parte di quest’anno. Nel 2023 quindi chi ha un reddito tra i 1538 e i 2692 euro al mese non vedrà aumenti, ma non tornerà nemmeno alla situazione fiscale del 2021.
Cambiamenti sostanziosi invece per chi ha redditi inferiori a 20.000 euro. Rispetto all’anno scorso ci sarà uno sconto fiscale del 3% che porterà un aumento netto in busta paga per migliaia di italiani. Chi prende 15.000 euro all’anno ad esempio otterrà uno sconto sull’IRPEF di 29 euro al mese, che moltiplicato per le tredici mensilità annuali portano ad un aumento di stipendio di 346 euro all’anno. Chi invece guadagna 20.000 euro all’anno avrà il massimo dello sconto, raggiungendo quasi 400 euro l’anno di aumento, per la precisione 395 euro netti.
Nella legge finanziaria c’è stato spazio per diverse misure, ma pochi investimenti data la bassa disponibilità di risorse. Il grosso della spesa pubblica andrà a limitare gli aumenti delle bollette dovuti alla crisi energetica, per permettere alle famiglie di passare un inverno più tranquillo. Saranno poi aumentate le pensioni minime che arriveranno a 600 euro al mese dal primo gennaio 2023.
Uno degli interventi più discussi è stato l’inizio dell’abolizione del Reddito di Cittadinanza. Dal 2023 infatti i cosiddetti occupabili, i percettori tra i 18 e i 59 anni, senza figli a carico o disabili in famiglia e fisicamente in gradi di lavorare, avranno otto mesi prima di perdere il sussidio. Si tratta di circa 400.000 persone secondo i dati INPS, che dovranno al più presto trovarsi un lavoro. Nel corso dei prossimi anni poi, secondo i piani del governo, il Reddito di Cittadinanza dovrebbe sparire del tutto per lasciare spazio ad altre misure.
La norma che sicuramente però impatterà sulla vita di più persone è quella che causerà l’aumento del prezzo della benzina e del gasolio. Dal primo dicembre infatti alle pompe di benzina tutti gli italiani potranno notare un aumento di 10 centesimi al litro, che potrebbe portare il Diesel a sfiorare i due euro al litro in alcuni distributori. Questo è dovuto alla riduzione dello sconto voluto dal governo Draghi, che passa da 25 centesimi di euro a 15 su benzina e gasolio.
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