Nonostante il rincaro delle biomasse, il pellet batte ancora le stufe elettriche. E non solo per le performance ma anche per un’ottica mutata.
La corsa al risparmio non prevede esclusione di colpi. Si tratti di espedienti o di vere e proprie strategie, cercare di ottimizzare i consumi è ormai quasi un’esigenza vitale.
Anche perché, non sempre ciò che tradizionalmente si associa al risparmio risponde infine alle speranze che vi si ripongono. È il caso del pellet, passato in un battito di ciglia da ancora contro il caro energia a oggetto di altrettanti rincari. Apparentemente imparagonabili al rally del gas di qualche mese fa ma comunque importante se si considera la scelta del pellet come mirata all’abbattimento dei costi. È chiaro che, nel momento in cui si decide di affidarsi a un impianto di questo tipo, i costi di installazione vanno tenuti in debita considerazione. E anche l’adeguamento dell’ambiente domestico a un dispositivo come una stufa a pellet. Costi che, sulla carta, dovrebbero essere ammortizzati dal minore esborso in bolletta. Ma è davvero così?
Alla lunga, un impianto come questo risulta ancora più conveniente di una stufa elettrica. Se non altro perché la seconda poggia interamente sulla rete domestica, imponendo sulla fattura della luce ciò che si è risparmiato sul gas. A conti fatti, affidarsi a un impianto di riscaldamento tradizionale, magari facendo attenzione a orari e gradi degli ambienti, sembra ancora la soluzione più logica. Un aiuto può arrivare dai numeri inerenti ai consumi e ai dispositivi che gli italiani sembrano prediligere. E in effetti, i combustibili naturali sembrano avere una loro percentuale di gradimento: + 28% di acquisti rispetto al 2021.
Stufa a pellet batte stufa elettrica: le ragioni della scelta
I combustibili a impatto ridotto sull’ambiente fanno parte di un ragionamento più ampio che, ormai da tempo, ha coinvolto l’opinione pubblica. In ballo, oltre al risparmio, c’è anche la tutela ambientale. E il vantaggio economico rende più appetibile sposare la causa della riduzione degli impatti su aria e atmosfera. Le stufe a pellet risponderebbero a queste caratteristiche e, teoricamente, anche quelle elettriche. Con la differenza, non trascurabile, che le seconde incidono non poco sul conto finale del dispendio energetico, pur rappresentando una forma di salvaguardia rispetto alla dispersione di combustibili fossili. Non a caso il mercato relativo è in calo: uno studio di Gfk ha infatti evidenziato una discesa del 7,2% rispetto al 2021. Calo ben rappresentato dai termoventilatori, il prodotto più gettonato del settore, sceso quasi del 9% in termini di acquisti. Non va meglio ai termosifoni elettrici (- 8,2%) e alle barre riscaldanti (- 4,2%).
Sulla discesa di tali prodotti, probabilmente, ha contribuito l’inverno tutto sommato mite dello scorso anno. Il quale, chiaramente, non ha reso necessaria la spesa per dei dispositivi di ausilio al riscaldamento centralizzato. Anche questa è una differenza sostanziale: la stufa a pellet, infatti, non aiuta ma rimpiazza totalmente l’impianto a metano. Il che incide in modo maggiore sulla decisione di acquistare un dispositivo di questo tipo, al netto dei prezzi crescenti per le biomasse. E la tendenza sembra confermarsi: nonostante il freddo apparentemente più elevato, le temperature non dovrebbero imporre il ricorso a espedienti come le stufe elettriche. Secondo lo studio di Gfk, quasi il 29% degli italiani intervistati ha iniziato a utilizzare con più parsimonia gli elettrodomestici per il riscaldamento interno. Con un occhio di riguardo a pompe di calore e fotovoltaico. Una presa di coscienza, oltre che una volontà di ridurre le spese.