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Si fa presto a dire Paperone: questo nome va guadagnato, ecco perché

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Damiano Mattana

Il personaggio di Paperone compie 75 anni ma la sua storia inizia mezzo secolo prima della sua nascita. E dura ancora oggi.

Musk, Bezos, Gates. Tre nomi per altrettanti patrimoni che, sommati, potrebbero potenzialmente riavviare i motori delle economie meno sviluppate.

Eco di Milano

Perché in effetti la ricchezza di un magnate, qualunque sia il suo settore, è teoricamente finalizzata allo sviluppo. Ma è anche vero che, negli anni, i cambiamenti negli standard di vita in Occidente hanno allargato gli orizzonti, rendendo i fronti di investimento estremamene più vari e, per certi versi, maggiormente remunerativi in un lasso di tempo inferiore. Basti pensare a quello della tecnologia, che ha beneficiato del larghissimo successo commerciale permettendo miglioramenti nei software e nei dispositivi ben più repentini di quelli più a lungo termine di altri comparti pur importanti. E, guarda caso, terreno fertile per tutti e tre gli imprenditori citati, in particolare Bezos (Amazon) e Gates, che con il lancio di Windows ha di fatto aperto la via della modernità.

Chiaramente, i tempi sono cambiati. E lo sviluppo di determinati settori ha sì implementato la possibilità di ottenere benefici e maggiori opportunità di impiego ma, al contempo, ha in qualche modo legato l’investimento a un determinato campo. Strategia ben diversa da quelle adottate in passato, quando lo sviluppo industriale ha allargato anche alle classi meno abbienti le chance a livello occupazionale. Ecco perché il termine “Paperone” si sposa in modo approssimativo ai magnati tecnologici. Non perché le loro aziende non abbiano favorito l’indotto o il lavoro ma per la dissonanza rispetto alla storia del personaggio. Diventato ricco durante la corsa all’oro nei Territori dello Yukon ma, soprattutto, in grado di potenziare un agglomerato di fattorie fino a renderlo una delle maggiori metropoli dell’America occidentale. Almeno nella fantasia degli autori. Uno scenario però tutt’altro che inverosimile, almeno per i primissimi del Novecento.

Paperone, la grande corsa: storia (quasi vera) di un personaggio

Il personaggio creato dalla penna di Carl Barks alla fine degli anni Quaranta, ha compiuto pochi giorni fa il suo settantacinquesimo compleanno. Un altro mondo quello in cui nacque, a guerra appena finita e con delle prospettive di sviluppo che, per gli Stati Uniti, avevano lasciato alle spalle le scorie della Grande Depressione grazie al New Deal rooseveltiano, mentre per l’Europa si traducevano perlopiù nell’appiglio del Piano Marshall. Niente di strano che l’idea di un magnate americano fosse ben più che la capitalizzazione del proverbiale “sogno”. Non solo un uomo (in questo caso un papero) in grado di costruirsi da sé la propria fortuna ma un vero e proprio genio della finanza, capace di fiutare l’investimento e creare spazio per potenziali benefit indiretti alla comunità.

In questo senso, il percorso letterario del personaggio di Paperone ha ottenuto un inquadramento estremamente dettagliato all’inizio degli anni Novanta, quando Don Rosa prese in mano la mastodontica opera di Barks per costruire attorno al personaggio una vera storia di vita. Dalle origini in Scozia alla partenza alla ricerca della fortuna in giro per il mondo.

Dentro al suo tempo

Attenzione però. Una fortuna tutt’altro che ereditata, né esattamente compagna di viaggio. Costruita, piuttosto, attraverso il confronto diretto con i propri tempi. Del resto, prima che le acque del torrente dell’Agonia Bianca fossero benefiche col cercatore (e sempre prendendo per ufficiale la versione americana), Paperone passò attraverso svariati fallimenti. Quelli in cui poteva incappare un giovanissimo viaggiatore di fine Ottocento per la prima volta alle prese col mondo. E con i primordi della Seconda rivoluzione industriale. Basti pensare alle esperienze coi battelli sul Mississippi, in breve soppiantati dallo sviluppo della ferrovia, e a quella come allevatore di bovini, resa meno remunerativa dalla rapida estensione degli appezzamenti nel West. O al confronto con la neonata elettricità, quando il rame valse improvvisamente più dell’oro.

Temprato dalle sfide

Passaggi chiave per la maturazione del personaggio e, se vogliamo, per l’allontanamento progressivo da quello letterario che lo aveva ispirato. L’Ebenezer Scrooge (il nome originale di Paperone è Scrooge McDuck) nato dalla fantasia di Charles Dickens e incarnazione materiale del peccato dell’avarizia, i cui segni sono riscontrabili addirittura nel suo aspetto fisico. Paperone non è né vecchio né cadente. Per anni sarà forte e risoluto, pieno di vita e dotato di una resistenza sovrumana. Diventerà “un povero vecchio”, secondo le sue sorelle, ma per l’inaridimento del suo cuore, provato da una vita di lotte e sacrifici, a confronto con le avversità e criminali di ogni sorta.

Lontano, soprattutto, dagli affetti familiari. Una fase che supererà proprio grazie alla famiglia, o meglio, all’incontro con i nipoti, che riusciranno a toccare le corde giuste per riattivare lo spirito battagliero e avventuroso che lo aveva contraddistinto in gioventù. E che lo aveva portato, non solo per mero interesse, a trasformare un territorio a trazione agricola in una città invasa dal marchio “P.d.P.”. Segno della molteplicità dei suoi interessi e della pianificazione a lungo raggio del benessere sociale.

Magnate in ogni campo

Ecco perché il termine “Paperone” viene utilizzato in modo fin troppo semplicistico. A indicare un personaggio estremamente benestante ma forse non tenendo sempre conto della sua storia. A ben vedere, Paperone è unico nel suo genere. E il denaro che possiede è quasi un libro, per quanto inanimato, della sua vita. Maturato sulle ceneri dei fallimenti che il progresso della civiltà a cavallo fra Ottocento e Novecento imponeva. Sfide affrontate per diventare più forte e per inquadrare la reale portata dei cambiamenti sociali. Abbastanza per diventare magnate in ogni campo, con indotto reale sulla società. Si fa presto a dire Paperone…

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Damiano Mattana

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