La violenza economica in famiglia è un concetto poco noto ma parimenti importante alla violenza fisica e psicologica. Scopriamo di più.
L’abuso dello stato di dipendenza economica del coniuge può essere definito un reato qualora si verifichino precise circostante.
La vita familiare non è sempre rose e fiori. Ci possono essere discussioni, rimproveri, momenti di allontanamento ma tutto questo è normale finché le problematiche si risolvono comunicando come persone civili. Purtroppo tutti noi sappiamo che spesso le liti o le gelosie sfociano in altro, in gesti violenti che possono essere fisici – schiaffi, calci, pugni – o psicologici – annullamento dell’altro e manipolazione del pensiero. La conseguenza per chi commette questo tipo di reato di violenza domestica dovrebbe essere la reclusione da tre a sette anni ma usiamo il condizionale perché non sempre la Legge agisce tempestivamente. Esiste, poi, un’altra forma di violenza perpetrata in ambito familiare. Parliamo della violenza economica, poco conosciuta ma punibile dalla normativa.
Violenza economica, di cosa si tratta
Per violenza economica si intende un sopruso messo in atto dalla persona che approfitta della propria posizione di superiorità patrimoniale per imporre la propria volontà alla vittima ossia alla persona che dipende economicamente. Ricatti e imposizione di condizioni non sono ammissibili facendo leva sul sostegno economico erogato.
Poniamo il caso del marito che minaccia la moglie di non darle i soldi per soddisfare le necessità primarie o le esigenze di vita. Questo è un reato. L’uomo, infatti, umilia la donna approfittando della disponibilità di denaro da cui dipende il coniuge. Occorre sapere, però, che la violenza economica non è un crimine a sé stante bensì riconducibile ad un altro reato, i maltrattamenti in famiglia. Come già detto, la pena per il condannato è la reclusione da tre a sette anni. Un maltrattamento viene riconosciuto, dunque, non solo in caso di percosse fisiche ma anche qualora accadano abusi psicologici, vessazioni, mortificazioni.
Un reato penalmente perseguibile ma anche un illecito civile
Le continue umiliazioni e vessazioni alla moglie sono punibili penalmente. Il marito non può negare alla moglie di comprarsi un abito negandogli i soldi. Questa è violenza economica riconducibile al reato penale dei maltrattamenti in famiglia. Oltre che penalmente, però, questo tipo di comportamento è punibile anche come illecito civile.
La Legge stabilisce che moglie e marito hanno gli stessi diritti e doveri. Il Codice Civile afferma, infatti, che dal matrimonio deriva l’obbligo di fedeltà, assistenza morale e materiale nonché la collaborazione per il bene della famiglia. Il marito che nega i soldi alla moglie casalinga viola la normativa tant’è che la donna avrebbe anche diritto a chiedere la separazione.
In più, la persona vessata può richiedere protezione contro gli abusi domestici quando si riscontra un grave pregiudizio. La violenza economica, dunque, può portare all’allontanamento dal tetto coniugale della persona accusata del reato con in più l’obbligo di versare periodicamente un assegno a favore della vittima.