Il sistema di vigilanza rafforzato non cessa. Nemmeno con la revisione del tetto di accettazione alle transazioni senza contanti.
Sono giorni complicati per il futuro dei risparmiatori italiani. Ancora stretti fra i dubbi relativi alle prassi che, dall’1 gennaio, andranno adottate in via prioritaria al momento di svolgere una qualsiasi transazione.
Dopo lo sprint dei mesi scorsi in favore delle forme di pagamento tracciabile in luogo dei contanti, la prima Manovra del Governo Meloni ha rimesso in discussione non tanto il merito della questione, quanto i procedimenti per arrivare alla (non più tanto) auspicata dematerializzazione della moneta. Un procedimento che già di per sé non sarebbe potuto avvenire senza una serie di step obbligatori. E che, ora come ora, si trova al centro di una disputa per la definizione effettiva della questione. È chiaro che, pur a fronte di una politica volta inevitabilmente a favorire le transazioni in forma digitale (e quindi tracciabile), nessun colpo di spugna sarà utilizzato per rimuovere i pagamenti con soldi contanti. Se non altro per consentire ai consumatori di adeguarsi step by step ai nuovi standard.
Tuttavia, negli ultimi mesi le informazioni si sono susseguite e non sempre in forma pienamente corretta. Tanto da rendere la contrapposizione fra denaro contante e moneta elettronica uno degli argomenti chiave del dibattito sulla tracciabilità dei pagamenti. Il Governo Conte aveva tentato di incoraggiare i consumi e, al contempo, la trasparenza delle transazioni tramite lo strumento del Cashback. L’esecutivo guidato da Mario Draghi aveva proseguito sulla strada del supporto ai sistemi di pagamento tracciabili. Abbassando i limiti entro i quali un esercente avrebbe potuto rifiutare una transazione con carta o bancomat. Ora, con la Manovra ventura, sembra che le cose potrebbero andare diversamente.
Manovra e contanti, cosa succederà con la Legge di Bilancio
Inizialmente, il Governo Meloni sembrava orientato a rialzare il livello di aut aut per i pagamenti con carta, riportandolo addirittura a 60 euro. Un dietrofront piuttosto marcato, considerando l’obbligo per gli esercenti di dotarsi di un POS al fine di accettare qualunque transazione con carta se richiesta dal cliente. Un limite che, tuttavia, secondo quanto emerso dalle ultime discussioni in maggioranza, potrebbe essere nuovamente riportato a 30 euro. Un’altra giravolta che, probabilmente, rappresenterebbe un compromesso fra la volontà dei commercianti di mantenersi un certo margine di accettazione per le transazioni digitali e chi, invece, preme affinché i contanti diventino solo la seconda opzione. Un dilemma che chiama in causa, come ricordato anche dalla premier Giorgia Meloni, il costo delle commissioni.
A ogni modo, a prescindere dai saliscendi del dibattito politico, il sistema dei pagamenti tracciabili continua a essere tenuto in considerazione come strumento anti-evasione e anti-riciclaggio. Anche sui contanti ci si è mantenuti su posizioni guardinghe: al momento, infatti, i pagamenti effettuati tramite denaro “liquido” per importi superiori a 2 mila euro, potrebbero essere soggetti a verifica fiscale. Un sistema di monitoraggio volto a scongiurare i suddetti reati, previa segnalazione dell’istituto di credito all’Unità di informazione finanziaria. E ad accertare la regolarità dell’avvenuto pagamento. Anche perché, tramite il rafforzamento dei sistemi di vigilanza sulla circolazione di denaro, transazioni anomale rispetto al trend dei movimenti bancari e prelievi di importi troppo elevati saranno attenzionate proporzionalmente alle informazioni fiscali fornite dagli stessi contribuenti, col supporto dell’anagrafe tributaria. I contanti quindi restano ma occhio ad andarci troppo leggeri.