Gli USA hanno approvato un nuovo promettente farmaco che rallenta il declino cognitivo nei pazienti affetti a Alzheimer al primo insorgere dei sintomi.
La Food and Drugs Administration, o FDA, agenzia che si occupa tra l’altro dell’approvazione dei nuovi farmaci, ne ha concesso l’utilizzo il 6 gennaio 2023.
Le demenze di cui l’Alzheimer fa parte, sono una delle malattie più gravi e diffuse nella terza età. Nei paesi occidentali, dove l’età media è più alta, stanno diventando un problema sociale. I pazienti perdono la capacità di ricordare eventi della propria vita e riconoscere persone. Queste situazioni creano molto stress non solo tra i pazienti ma anche tra chi li accudisce, e tra i familiari.
Il nuovo farmaco contro l’Alzheimer
Si chiamerà Leqembi il nuovo farmaco che promette di fare un passo avanti nella lotta contro l’Alzheimer. Dopo anni di sperimentazione promettente, la FDA ha approvato la sua commercializzazione e ora le case farmaceutiche si preparano a produrlo. La terapia avrà un costo di oltre 26 mila dollari l’anno, e permetterà ai pazienti che si accorgono della malattia quando ancora è negli stadi più precoci, di rallentarne sensibilmente il decorso.
Il morbo di Alzheimer è una delle più gravi forme di demenza esistenti. L’Italia è tra i paesi con più pazienti al mondo, oltre 600 mila. Il sintomo più comune è il declino cognitivo, che si esprime con una progressiva perdita della memoria. Le cause di questa malattia non sono ancora chiare: è palese che vi sia una correlazione con l’età: prima dei 70 anni vi sono solo tre casi ogni mille persone l’anno, dopo i 90 diventano 69. Il morbo si correla anche alla presenza di placche create dall’accumulo di una proteina, la beta amiloide, nel cervello.
Come età e placche agiscano sul declino cognitivo è però ancora un mistero, e per questa ragione non è possibile trovare una cura. Anche il Leqembi non è che un palliativo, che agisce sui sintomi ritardandone l’insorgenza. La comprensione totale del morbo di Alzheimer è ancora molto lontana.
I limiti del Leqembi: efficacia ed effetti collaterali
Nonostante il sensazionalismo attorno al Leqembi, molti esperti invitano alla calma per varie ragioni. Anche se i risultati parlano di uno dei farmaci più efficaci nel rallentamento della malattia, non si tratta di una cura né di una rivoluzione nel trattamento del morbo di Alzheimer. Il Leqembi agisce esattamente come i farmaci già esistenti: sulle fasi precoci della malattia e rallentandone il decorso. Non cura l’Alzheimer e non funziona nei casi avanzati, due aspetti cruciali per combattere questa forma di demenza.
I suoi effetti sono migliori rispetto ad altri farmaci, ma non straordinari. Il declino cognitivo rallenta del 27%, 0,45 punti su una scala che va da 0 a 18. Un effetto così lieve che potrebbe addirittura non essere chiaramente visibile ai pazienti o ai familiari, e potrebbe mostrarsi solo nei test specifici.
Come altri farmaci che agiscono sulla beta amiloide inoltre, è stato registrato nei pazienti sottoposti alla cura con Leqembi un aumento dei casi di emorragia cerebrale. Non è la prima volta che la FDA approva in questi anni un farmaco contro l’Alzheimer. Nel 2021 aveva fatto notizia il via libera all’Aduhelm, medicinale dalle premesse simili al Leqembi ma le cui terapie non hanno portato ai risultati promessi dai test clinici.
(le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici o pubblicazioni su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi)