Gli ultimi due governi hanno applicato grandi tagli delle tasse sul lavoro, rivelatisi molto efficaci in passato per l’economia.
Draghi e Meloni hanno diminuito le tasse sul lavoro, e questo assicura alle aziende un minor costo nell’assunzione dei dipendenti, ma anche agli stessi dipendenti un aumento netto dello stipendio.
Ad unirsi a queste misure ci sono stati anche diversi rinnovi dei contratti, con relativi adeguamenti degli stipendi delle categorie interessate, soprattutto dipendenti pubblici. Anche se parte dell’aumento di potere d’acquisto reale derivato da questa misura è stato divorato dall’inflazione, rimane l’unico aumento reale degli stipendi avvenuto negli ultimi anni in Italia. I salari italiani sono infatti tra i meno competitivi in Europa, e sono fermi da circa 20 anni.
Tagli delle tasse, di quanto aumentano gli stipendi
Il governo Meloni nella legge finanziaria ha dato seguito all’operato del suo predecessore, l’esecutivo guidato da Mario Draghi, tagliando le tasse sul lavoro. Si è trattato per lo più di una conferma dei tagli voluti già in autunno dall’ex Presidente del Consiglio, con un leggero aumento per determinate fasce di reddito. Con una spesa non indifferente, lo Stato ha deciso di rinunciare ad una parte del gettito fiscale per rilanciare il mercato del lavoro italiano.
Una strategia che ha già funzionato in passato. Una misura simile, gli 80 euro di Renzi, hanno avuto secondo alcune analisi l’effetto di aumentare la produttività delle aziende italiane, come poche altre misure erano stato in grado di fare prima. Quanto guadagneranno quindi gli operai da questo taglio del cuneo fiscale, accumulatosi in due governi?
La misura prevede una riduzione del 3% (2% stabilito da Draghi, più un 1% di aumento voluto dal governo Meloni), per i redditi fino 25 mila euro lordi all’anno. Per chi invece guadagna fino a 35 mila euro lo sconto rimarrà quello dello scorso anno, il 2%. Prendendo queste cifre come esempio, un dipendente riceverà in busta paga un aumento tra i 30 e i 53 euro al mese.
Gli aumenti di stipendi derivati dai rinnovi dei contratti
Il 2022 non è stato però soltanto l’anno dei tagli delle tasse. Molte categorie di lavoratori dipendenti hanno infatti visto il rinnovo dei propri contratti nazionali. Spesso i sindacati sono riusciti ad ottenere un aumento dei salari in questi casi, come avvenuto per i lavoratori della grande distribuzione. Prima di tutto, nei primi mesi del 2022, per chi lavora in questo ambito arriverà un bonus per gli arretrati del rinnovo del contratto. Si tratta di 350 divisi in due tranche, una a gennaio di 200 euro e una a febbraio di 150 euro.
Inoltre, per tutti coloro che sono inquadrati dal quarto livello in su nella grande distribuzione, si verificherà anche un aumento mensile di circa 30 euro. A questa categoria vanno aggiunte altre due, che hanno avuto un rinnovo simile. Si tratta degli addetti al commercio nel settore terziario. Anche per loro ci saranno gli stessi bonus nei primi mesi dell’anno e gli aumenti successivi per coloro che hanno raggiunto il quarto livello.
Anche alcune categorie di dipendenti pubblici hanno visto rinnovato il proprio contratto di lavoro. Personale sanitario e scolastico hanno ricevuto alla fine dello scorso anno gli arretrati, e dal 2023 potranno godere ogni mese degli aumenti previsti. Stesso trattamento hanno ricevuto i dirigenti della sanità, i cui stipendi sono stati adeguati ai canoni europei come richiesto dal PNRR.