Il contratto di prestazione occasionale ha sostituito nel 2017 i voucher e i buoni lavoro per regolamentare il lavoro non continuativo.
Questo strumento è stato però modificato, insieme ad altri simili come il Libretto Famiglia, dalla legge di bilancio per il 2023 elaborata dal nuovo governo di centrodestra.
Con i cambiamenti introdotti, i contratti avranno regole leggermente diverse sia per chi li richiede, sia per chi li produce. Nel linguaggio della normativa queste due parti sono chiamate prestatore e utilizzatore. L‘INPS ha recentemente diffuso tutti i dettagli su come le nuove regole si interfacciano con la legislazione passata già presente.
Contratto di prestazione occasionale: chi può utilizzarlo
Per sfruttare al meglio le novità del contratto di collaborazione occasionale è opportuno conoscere quali siano le professioni che possono usufruirne. Prima di tutto questo contratto regola le collaborazioni non continuative. L’altra limitazione principale per chi riceve questi contratti, quindi per il prestatore, è di non aver concluso un rapporto di collaborazione stabile o di lavoro dipendente negli ultimi sei mesi.
Gli utilizzatori di contratti di prestazione occasionale possono invece essere molteplici. Dagli imprenditori ai liberi professionisti, passando per fondazioni e associazioni fino alla stessa Pubblica Amministrazione. È vietato invece a industrie dell’edilizia e dell’agricoltura utilizzare questo strumento per mettere in regola i lavoratori occasionali.
Fino al 2022 era possibile assumere lavoratori tramite contratto di prestazione occasionale soltanto se la propria azienda aveva cinque dipendenti o meno. Questo limite è però stato alzato e dal 2023 sarà di dieci lavoratori dipendenti. Le modifiche avvenute nell’ultimo anno riguardano anche il settore del turismo.
Qui l’utilizzo dei contratti di prestazione occasionale era stato limitato a specifici lavoratori. Si tratta di studenti sotto i 25 anni, titolari della pensione di vecchiaia o invalidità, disoccupati e percettori di sostegni al reddito. La nuova norma approvata in manovra però rimuove queste limitazioni, permettendo agli operatori del settore di utilizzare questi contratti ovunque.
Quanto si può guadagnare?
A differenza dei voucher, che avevano tutti la stessa entità per quanto riguarda il guadagno che portavano al lavoratore, i contratti di prestazione occasionale sono molto più flessibili. Pongono però anche dei limiti precisi agli importi che sono regolabili con questi strumenti, e riguardano sia gli utilizzatori che i prestatori. Ogni utilizzatore può emettere un massimo di 10.000 euro, tenendo conto di tutti i prestatori. Per questi ultimi invece, è possibile ottenere solo 5000 euro l’anno da contratti di questo tipo, 2.500 dallo stesso prestatore.
Esistono anche delle regole per quanto riguarda il compenso che il prestatore può ricevere. Non può infatti essere inferiore ai 36 euro giornalieri per 4 ore di lavoro, quindi un totale di 9 euro l’ora. Inoltre esistono altri oneri che però sono a carico dell’utilizzatore, quindi del datore di lavoro. Si tratta del 1% di oneri di gestione, del 3,5% di Inail e infine del 33% da versare alla gestione separata INPS per i contributi.
Grazie alle nuove norme e all’automazione permessa dalla digitalizzazione della PA, il contratto di prestazione occasionale può essere effettuato in maniera telematica. Il portale da cui si possono effettuare queste operazioni è quello dell’INPS, accedendovi tramite SPID o CIE. I dati dei prestatori a cui sono stati forniti i contratti di collaborazione occasionale saranno presenti nel proprio portafogli elettronico.