Dopo la pandemia molte persone hanno deciso di licenziarsi per trovare lavori che permettessero loro uno stile di vita più gradevole.
I dati mostrano un cambiamento radicale nelle priorità di molte persone, in Italia e nel mondo. Il bilanciamento vita-lavoro ha assunto un’importanza prioritaria rispetto al guadagno o alla carriera.
Come spesso accade, il solido sistema di welfare italiano prevede una serie di incentivi anche per chi rimane senza lavoro. Le due principali indennità sono il sussidio di disoccupazione, la cosiddetta Naspi, e il trattamento di fine rapporto, abbreviato in TFR. Non sempre però questi paracadute sono disponibili quando si lascia il lavoro. E importante quindi sapere cosa ci spetta se si decide di licenziarsi, per non rimanere senza introiti.
Licenziarsi nel 2023, a chi spetta la Naspi
Il sussidio di disoccupazione, o più precisamente la Naspi, la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è la principale forma di sussidio per le persone che rimangono senza lavoro in Italia. Specialmente ora che il Reddito di Cittadinanza sta per essere del tutto abolito, questo assegno è fondamentale per garantire dignità a chi rimane senza un impiego. Il suo funzionamento prevede una durata limitata, un importo dell’assegno che è il 75% del proprio ultimo stipendio, e una progressiva riduzione di esso ogni mese.
La Naspi è però dedicata non a chi decide di licenziarsi, ma a chi rimane involontariamente senza lavoro: insomma a chi viene licenziato, o alle persone la cui azienda chiude. Ci si riferisce in questo caso a lavoratori dipendenti: non esiste una disoccupazione per quelli autonomi. Esistono però alcuni specifici casi in cui la Naspi viene garantita anche a chi decida di licenziarsi volontariamente, ma per giusta causa.
Si può ottenere la Naspi licenziandosi dal lavoro in caso di modifiche alle proprie condizioni di lavoro, o degradazione delle mansioni in azienda. Anche lo spostamento in un’altra sede, o la modifica dei propri compiti a causa del passaggio di proprietà dell’azienda vale per ottenere la Naspi in caso di dimissioni. Infine anche i comportamenti scorretti da parte di colleghi o superiori, dalle ingiurie al mobbing fino alle molestie sessuali, costituiscono buona causa per licenziarsi e ottenere l’indennità di disoccupazione.
TFR, a chi spetta e come funziona
Affianco alla Naspi, il principale incentivo in caso di licenziamento è il trattamento di fine rapporto o TFR. Anche in questo caso ne hanno diritto i soli lavoratori dipendenti. Ogni anno il datore di lavoro è tenuto ad accantonare una percentuale dello stipendio del lavoratore. Questa cifra, rivalutata di solito al 1,5%, viene poi versata al dipendente nel momento in cui il contratto di lavoro termina.
Tutti i dipendenti hanno diritto al TFR, e a differenza della Naspi, questo sussidio non dipende dal motivo della fine del rapporto di lavoro. Licenziarsi quindi dà diritto alla liquidazione, senza bisogno di ulteriori motivazioni. Il trattamento di fine rapporto può essere richiesto in anticipo sulla fine del proprio rapporto di lavoro, ma soltanto in caso di spese specifiche come l’acquisto di una casa o un’emergenza medica che richieda spese ingenti.
Ad aggiungersi a TFR e Naspi, ci sono anche ulteriori bonus che però non sono universali. In Italia infatti è molto diffusa la contrattazione collettiva. I lavoratori di un certo settore sono tutti sottoposti allo stesso contratto nazionale, o CCLN. All’interno di ogni contratto ci sono diverse clausole che garantiscono al lavoratore alcuni sussidi in caso decida di licenziarsi.