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Reddito di cittadinanza: potrebbe tornare, la proposta dei Cinque stelle stupisce

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Emiliano Fumaneri

Visto l’addio ormai inevitabile al reddito di cittadinanza, i pentastellati propongono una misura di sostegno molto simile.

A lanciare la proposta di un nuovo reddito di cittadinanza è stato il capo politico del Movimento, Giuseppe Conte. Cerchiamo di capire di cosa si tratta e se possa avere possibilità di concretizzarsi.

Eco di Milano

Il reddito di cittadinanza, misura-bandiera del Movimento Cinque stelle, potrebbe tornare. Ma questa volta sarebbero le Regioni – e non lo Stato – a erogarlo. È questa la proposta rilanciata da Giuseppe Conte, leader politico M5s, dopo aver preso atto che dal prossimo anno il governo targato Meloni ha intenzione di cancellare il reddito di cittadinanza.

Da qui l’idea di reintrodurlo su base regionale: un’ipotesi che ha trovato spazio nel programma pentastellato per le regionali 2023. La misura potrà essere “integrativa o sostitutiva” rispetto ad altri aiuti statali eventualmente stanziati dall’esecutivo di centrodestra.

I percettori in procinto di dire addio al sussidio dunque avranno interesse a capire come potrebbe funzionare il nuovo reddito di cittadinanza regionale. E, cosa di non minore importanza, quante possibilità ha di realizzarsi la proposta grillina.

Come potrebbe funzionare un reddito di cittadinanza su base regionale

Dopo aver preso atto che il destino del reddito di cittadinanza è segnato, Giuseppe Conte ha fatto una promessa: se i Cinque stelle dovesse vincere le prossime elezioni regionali reintrodurranno una misura analoga al reddito di cittadinanza valida soltanto per i cittadini residenti sul territorio delle Regioni a guida pentastellata.

Le Regioni infatti possono adottare misure di welfare sostitutive o integrative rispetto a quelle nazionali. Per fare un esempio: in molte Regioni italiane è previsto un bonus nido che si aggiunge al rimborso nazionale erogato ogni anno dall’Inps.

Non ci sarebbero ostacoli dunque se un Consiglio regionale a guida 5s volesse introdurre un aiuto simile al reddito di cittadinanza. Lo stesso Conte ha spiegato che, tra i pro di questa misura su base locale, ci sarebbe anche la possibilità di modulare l’importo adeguandolo al costo della vita. O comunque di adattare i requisiti per ottenerlo alle specifiche condizioni economico-sociale di quella particolare Regione. Per esempio la soglia per accedere al reddito di cittadinanza potrebbe essere più alta in una Regione dal costo della vita più elevato, oltre a un importo maggiore rispetto a quello riconosciuto nelle Regioni meno “ricche”.

Una misura non in “competizione” con quelle statali

Il reddito di cittadinanza regionale, secondo la proposta del M5s, non sarebbe in “competizione” con le misure previste a livello centrale. Il governo Meloni, dopo aver annunciato lo stop al rdc per il prossimo anno, ha ribadito che introdurrà comunque una misura di sostegno per le fasce più deboli.

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha parlato di una specie di “nuovo Reddito d’inclusione”. Il reddito di cittadinanza regionale andrebbe a interessare gli esclusi da questa misura, mentre gli aventi diritto potrebbero integrare l’importo nel caso in cui quello ricevuto dallo Stato fosse inferiore all’aiuto dato dalla Regione.

Reddito di cittadinanza regionale: quante possibilità ha di vedere la luce?

Condizione necessaria per l’introduzione di un reddito di cittadinanza regionale, ovviamente, è il ritorno al potere dei pentastellati in qualche governo regionale. Una possibilità che al momento sembra lontana dal potersi realizzare dato che le ultime previsioni danno i Cinque stelle ben distanti dalla vittoria, sia in Lazio che in Lombardia.

Nulla vieta però che la proposta, che rimarrà nei programmi del M5s, possa vedere la luce in futuro laddove i pentastellati dovessero tornare al governo di qualche regione italiana. Resta anche da vedere se un reddito di cittadinanza su base regionale sia fattibile sul piano meramente economico. Il reddito di cittadinanza è costato 10 miliardi di euro all’anno alle casse statali e la capacità di spesa delle Regioni è ben inferiore a quella dello Stato. Potrebbe essere possibile nelle Regioni dove il numero dei cittadini che percepiscono il reddito è contenuto. Ma altrove – ad esempio nelle regioni del Mezzogiorno dove si concentrava la percentuale più alta dei percettori del rdc – la spesa potrebbe rivelarsi semplicemente non sostenibile.

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Emiliano Fumaneri

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