Così come preannunciato dal governo Meloni, si sta lavorando alla riforma pensioni 2023 che sarà operativa dal 2024.
Lo scopo della riforma pensioni 2023, alla quale sta lavorando l’esecutivo di centrodestra, è quello di superare la riforma Fornero in maniera definitiva. Il prossimo 13 febbraio avverrà il primo incontro tra governo e sindacati.
In tale occasione, le parti ascolteranno le proposte sociali e prenderanno in esame gli ultimi dati ISTAT e OCSE. Nel frattempo il ministro Calderone si è espressa in merito a quota 41 e Opzione donna. Scopriamo cosa bolle in pentola e quali sono gli scenari pensionistici futuri.
Riforma pensioni 2023: facciamo chiarezza
Con l’approvazione della Legge di bilancio 2023 sono state rinnovate e prorogate alcune misure di pensionamento anticipato, che rappresentano delle opportunità transitorie in attesa che avvenga la vera e propria riforma pensioni 2023.
Nel frattempo, l’inizio del nuovo anno ha determinato un’impennata della spesa pensionistica a causa della rivalutazione degli importi del temporaneo 7,3%. Ci stiamo riferendo al ben noto meccanismo della perequazione, che prevede l’adeguamento degli importi degli assegni di pensione al reale costo del denaro. La rivalutazione delle pensioni 2023 è stata piuttosto sostanziosa. Dopotutto, il 2022, si farà ricordare per la crisi energetica e l’aumento del tasso di inflazione, che hanno inevitabilmente inciso sulla rivalutazione.
L’intenzione del Governo è quella di creare una nuova riforma delle pensioni che diventerà operativa nel 2024. Per questo motivo, il 13 febbraio è previsto l’incontro tra governo e sindacati, per analizzare le diverse proposte.
Quota 41 e Opzione donna
Quota 41 e Opzione donna sono le misure di pensionamento anticipate prorogate e rinnovate dalla legge di bilancio 2023.
Grazie a quest’opportunità i lavoratori in odore di pensione, in possesso di determinati requisiti, possono anticipare il ritiro dal lavoro ed evitare la legge Fornero.
In particolare, Quota 41 è una forma di pensionamento anticipato che non prevede alcun requisito anagrafico ed è indirizzato in favore di una determinata categoria di lavoratori: i precoci. Ci stiamo riferendo ai lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro prima del compimento della maggiore età e che hanno maturato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento del diciannovesimo anno di età .
I lavoratori che hanno i requisiti per accedere a quota 41 devono perfezionarli entro l’1 gennaio ,ma il diritto decorre dopo tre mesi dalla maturazione degli stessi.
Ad ogni modo possono beneficiare di quota 41:
- I disoccupati a causa di un licenziamento individuale o collettivo;
- I caregiver;
- I lavoratori dipendenti e autonomi che hanno una percentuale di invalidità superiore o uguale al 74%;
- Gli addetti alle mansioni usuranti e gravose in base a quanto stabilito dalla legge 67/2011.
Per quanto riguarda Opzione donna, il rinnovo della misura era stato preannunciato in fase di campagna elettorale. Il governo Meloni ha mantenuto la promessa, seppur introducendo qualche novità .
Di fatto, la nuova Opzione donna, quella accessibile nel 2023, interessa le lavoratrici che hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni. Ma la vera novità riguarda il requisito anagrafico che può essere ridotto in favore delle lavoratrici madri.
In sostanza, la nuova Opzione donna favorisce le lavoratrici madri permettendo loro di ritirarsi dal lavoro con un anno d’anticipo, per chi ha un figlio, o due anni d’anticipo, per chi ha due o più figli. Di conseguenza:
- Le lavoratrici senza figli possono accedere a Opzione donna se hanno compiuto 60 anni entro il 31 dicembre 2022;
- Le lavoratrici con figli possono inoltrare la domanda a 59 anni, in presenza di un solo figlio o 58 anni in presenza di due o più figli.
Le proposte dei sindacati e non solo
Per la riforma delle pensioni 2023, ci sono diverse proposte fornite dalle sigle sindacali CGIL, CISL e UIL. Ma non mancano anche altre proposte che provengono dalla Lega e dall’istituto previdenziale.
I sindacati chiedono che vi sia una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, senza le penalizzazioni per coloro che hanno contributi versati prima del 1996 e che hanno più di 62 anni di età . Inoltre, le sigle sindacali chiedono la possibilità di accedere al pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età del lavoratore.
E ancora, i sindacati chiedono la riduzione dei vincoli che condizionano il diritto alla pensione penalizzando i redditi più bassi. Tra le altre richieste dei sindacati abbiamo:
- Il sostegno alle categorie più deboli;
- L’ampliamento della platea dei lavori gravosi usuranti;
- L’introduzione di misure volte a rafforzare la previdenza complementare.
La proposta della Lega e dell’INPS
La Lega propone di dare la possibilità ai lavoratori di accedere a quota 41 senza limiti di età , ovvero alla maturazione di 41 anni di contributi.
L’INPS, dal canto suo, propone una pensione anticipata a 62-63 anni con almeno 20 anni di versamenti contributivi. In questo caso, però, il lavoratore percepirebbe un assegno parziale che è relativo solo alla parte di pensione maturata con il metodo contributivo. Mentre la parte retributiva verrebbe spostata al raggiungimento del sessantasettesimo anno di età , che resterebbe il requisito anagrafico di accesso alla pensione di vecchiaia.
Riforma pensioni 2023: il documento economico finanziario
Il documento economico finanziario elaborato dal Governo Draghi ha sottolineato come la spesa pensionistica, senza l’introduzione di cambiamenti o riforme, sarebbe salita, nel 2023, del 7,9%. Tale aliquota corrisponde a 23,5 miliardi di spesa in più.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha fatto un rapporto sull’Italia, in merito alla crescita economica del paese. Il documento risale al 2021 e all’epoca si stimava che l’economia italiana sarebbe cresciuta del 5,9%, con una spesa previdenziale di poco inferiore al 14% del PIL.
Dallo studio, emergeva la necessità di effettuare una riforma che riguardasse la spesa pubblica e la politica fiscale.
Purtroppo, al momento, la spesa legata alle pensioni sottrae risorse agli investimenti nelle infrastrutture, nell’istruzione e nella formazione. Tutto ciò penalizza ulteriormente le nuove generazioni che devono già fare i conti con la crisi lavorativa e il rischio di povertà .
Il rapporto suggeriva di eliminare il sistema delle quote e la misura Opzione donna, introducendo immediatamente i requisiti previdenziali associati alle speranze di vita, così come prevedeva la riforma Fornero.