La novità di Intesa San Paolo spiazza la clientela, che rimane disorientata davanti al piano d’impresa dell’istituto di credito.
Molti clienti sono rimasti sconcertati e hanno protestato per una decisione che non appare episodica o isolata ma si fonda su una concezione destinata a rivoluzionare in profondità il rapporto con la propria banca.
Tutta la discussione sull’obbligo (o meno) di Pos per i negozianti è stata al centro delle cronache politiche nei mesi in cui era in discussione la manovra di Bilancio. Ma un po’ tutto l’aspetto dei pagamenti elettronici è finito al centro di un’ampia a articolata riflessione all’interno del governo capitanato da Giorgia Meloni. Da qui le molte settimane di confronto serrato – anche con Bruxelles – davanti alla possibilità di una rivoluzione nei metodi di pagamento.
Un dibattito per nulla teorico per milioni di italiani, consapevoli che le decisioni dell’esecutivo avranno inevitabilmente ricadute molto pratiche nella vita di tutti i giorni. Molti ad esempio ormai pagano abitualmente tutto con la carta di credito o il bancomat e rischiavano di veder mettere in discussione questa loro abitudine. Alla fine il governo, che inizialmente aveva considerato seriamente l’ipotesi di un tetto all’uso del Pos, ha fatto marcia indietro lasciando essenzialmente tutto come prima. Dunque niente tetto, niente limiti o divieti possiamo dire.
Verso una economia “senza luogo”?
Il tema però è molto più ampio e legato a dinamiche più profonde e più di lungo periodo della politica economica di un singolo governo. Sta cambiando proprio la concezione generale del modo di gestire il proprio conto corrente. Ma non solo. Da tempo ad esempio si parla di una “placeless society”: una società senza luogo dove le attività umane si faranno sempre meno concrete, sempre meno legate a un luogo fisico. In una parola, smaterializzate e virtuali. Così si sta facendo largo anche una “placeless economy” che ci porta dritti, come testimoniano le cronache quotidiane, verso una concezione sempre meno pratica e concreta, di fatto elettronica e digitale, anche dei conti correnti.
Nelle nostre città, sotto questo punto di vista, è in atto una rivoluzione silenziosa alla quale molti forse nemmeno badano più di tanto. Vi siete accorti, ad esempio, che gli sportelli bancomat stanno poco alla volta diminuendo? Senza contare la velocità con cui una banca, in un determinato luogo, chiude i battenti.
Filiali che chiudono all’improvviso
Con conseguenze non sempre accolte con salti di gioia – per usare un eufemismo – dalla clientela di quell’istituto di credito residente nella zona rimasta sguarnita della filiale. Motivo per il quale in diverse città è montata subito la protesta, come c’era da aspettarsi dopo le repentine e improvvise chiusure di filiali bancarie in quei territori. C’è da capirlo: dall’oggi al domani i clienti si sono ritrovati senza la loro filiale d’appoggio. Certo non è la cosa più gradevole del mondo scoprire che la propria filiale ha chiuso praticamente di colpo lasciando disorientata la clientela in quella determinata località.
Difficile pensare si tratti di casi isolati e non, invece, di un piano pensato a tavolino. Frutto, come dicevamo, di un progetto basato su una profonda rivisitazione della concezione che la clientela ha della propria banca. Anch’essa destinata a diventare “placeless”, senza alcun luogo fisico. Per essere chiari il futuro sarà online, solo sul web.
Intesa San Paolo, ecco cosa è successo
Che non si tratti di speculazioni fantasiose ma di qualcosa di assai più concreto lo prova un fatto di cui hanno dato notizia diverse piattaforme di news italiane. È accaduto di recente nel comune di Castelbuono, in provincia di Palermo. Qui la clientela di Intesa San Paolo ha dovuto fare i conti con la chiusura della propria filiale. La banca si è giustificata con esigenze di riorganizzazione interna dovute alla migrazione sempre più spinta dei servizi bancari verso il digitale.
Si tratta del piano 2022-2025, approvato a febbraio dell’anno scorso, col quale l’istituto di credito mira a tagliare ben 1.500 filiali (450 delle quali già chiuse nell’ultimo trimestre del 2021). Come si può vedere, si tratta di un progetto ben preciso in corso già da tempo. Che però non tiene in gran conto il parere di chi, di fatto, rappresenta la parte attiva e interessata di tutto questo percorso. Ossia la clientela.
Un progetto preciso: migrare verso il digitale
Non è difficile capire quale sia la molla che dà impulso al progetto – non solo di Intesa San Paolo, ovviamente, ma praticamente di ogni altra banca – di progressiva migrazione verso il digitale. Semplicemente contenere i costi di gestione: una diminuzione che si può ottenere con l’eliminazione delle spese. Prime fra tutte quelle per tenere in piedi la rete delle filiali.
Da qui l’orientamento prevalente delle banche, sempre più proiettate verso un approccio virtuale con la propria clientela. Il futuro – in banca e non solo – sembra sempre più “placeless”, senza consulenti di fiducia, senza luoghi fisici in generale. Col rischio che la possibilità di trovare una soluzione a qualche problema possa trovarsi, in senso letterale, sempre meno a portata di mano. Piuttosto a portata di click. Non precisamente l’ideale per i clienti. Che protestano, ma il rischio concreto è che la loro voce alla fine non trovi nemmeno un orecchio fisico che la ascolti.