Come stabilito dalla Legge di bilancio, nel 2023, si assisterà alla rivalutazione delle pensioni. Scopriamo il nuovo messaggio INPS.
Con l’approvazione della Legge di bilancio 2023 è stata approvata la perequazione, che riguarderà gli importi delle pensioni. Si tratta di un meccanismo che prevede di adeguare gli importi degli assegni pensionistici e delle indennità al reale costo del denaro.
Dal momento che il 2022 si è contraddistinto per la crisi economica, energetica e per l’aumento del tasso di inflazione, la perequazione 2023 è stata piuttosto sostanziosa (7,3%).
Coloro che percepiscono una pensione superiore a 2101,52 euro, ovvero quattro volte il minimo, riceveranno la rivalutazione nel mese di marzo. In tale occasione saranno pagati anche gli arretrati relativi ai mesi di gennaio e febbraio.
La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo approvato dalla Legge di bilancio 2023 e ha lo scopo di adeguare gli importi degli assegni pensionistici in base al costo della vita.
La manovra finanziaria ha previsto delle specifiche percentuali, in base all’importo dell’assegno. Per questo motivo, alcuni pensionati hanno ricevuto immediatamente l’aumento nel cedolino già a partire da gennaio. Mentre per altri pensionati è stato necessario attendere il mese di febbraio o di marzo.
Per capire come funziona il meccanismo della rivalutazione occorre comprendere come si applicano gli indici. Di fatto l’indicizzazione non è uguale per tutti gli assegni pensionistici. Il meccanismo in vigore da circa 20 anni, prevede l’indicizzazione piena solo per le pensioni più basse mentre per gli assegni più alti la rivalutazione è solo parziale.
Ad ogni modo, sebbene nel corso degli anni la perequazione sia stata più volte modificata, quella prevista per il 2023 è prevista la seguente indicizzazione:
Occorre poi ricordare che per alcuni pensionati la rivalutazione 2023 è stata già anticipata l’ultimo trimestre del 2022. In tale occasione, i pensionati con importo inferiore a 4 volte il minimo hanno ricevuto un anticipo della perequazione pari al 2% del totale. Di conseguenza, questa categoria di pensionati riceverà una perequazione che corrisponde alla differenza rispetto a quella totale (7,3%).
Con un recente messaggio, l’INPS ha confermato che a marzo sono previsti i conguagli della rivalutazione degli assegni oltre quattro volte il minimo. Ci stiamo riferendo agli importi che superano 2101,52 euro lordi al mese, per i quali è prevista una rivalutazione più sfavorevole.
Dunque, a partire dal 1 marzo 2023, anche per i trattamenti che superano quattro volte il minimo sarà applicata la rivalutazione secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio 2023. In tale occasione, avverrà anche il pagamento degli arretrati dei mesi di gennaio e febbraio.
Si ricorda che la disciplina non prevede alcuna rivalutazione per i trattamenti di accompagnamento alla pensione. Vi è poi una sostanziale differenza che riguarda il meccanismo della rivalutazione che interessa le pensioni minime.
Il meccanismo della rivalutazione delle pensioni interesserà anche gli importi minimi che, nel 2022, è stato fissato a 525,38 euro al mese. Per questi assegni è prevista la rivalutazione piena del 7,3% che porterà tali importi ad un aumento di 38,35 euro al mese. Di conseguenza, le pensioni minime, nel 2023, passeranno da 525,38 euro a 563,73 euro.
Inoltre in favore delle persone che ricevono un trattamento minimo non superiore a 525,38 euro, nel 2023, è prevista una rivalutazione straordinaria del 1,50%. In questo modo, la rivalutazione effettiva complessiva è dell’8,8. Così facendo l’assegno minimo arriverà a 572 euro al mese.
In ogni caso, la legge di bilancio ha riconosciuto la rivalutazione straordinaria del 1,50% per i pensionati con almeno 75 anni di età. Mentre, per gli over 75, con la perequazione, si raggiungerà un importo mensile di €600. Tuttavia, per il momento la situazione è ancora in stand by.
Come è prevedibile la rivalutazione avrà un impatto significativo sulle casse dello Stato. Dopotutto, la situazione previdenziale, in Italia, è già in forte difficoltà a causa dell’invecchiamento della popolazione e della crisi occupazionale. Tutto ciò si traduce in un elevato numero di persone che percepiscono un assegno di pensione e un basso numero di giovani occupati, ovvero in grado di garantire il pagamento delle suddette pensioni.
Attualmente, la spesa sostenuta per il pagamento delle pensioni è di 300 miliardi di euro all’anno.
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